Liceo Statale Scientifico e Classico

«Ettore Majorana»

Desio

Archivio recensioni

maggio 2023

Autore: Hanya Yanagihara
Titolo: Una vita come tante
Casa editrice: Sellerio
Anno: 2016

«Quante volte capita che un romanzo sia inquietante fino alle lacrime eppure così rivelatorio della gentilezza della natura umana da farvi sentire in uno stato di grazia? La stupefacente opera di Hanya Yanagihara scandaglia a fondo le vite intime dei suoi personaggi e il lettore non solo ne prende a cuore il destino ma ha l’impressione di viverle in prima persona. Le sue pagine sono piene di dolore, ma ovunque emerge l’infinita capacità dell’uomo di resistere e di amare» (The San Francisco Chronicle).

In una New York fervida e sontuosa vivono quattro ragazzi, ex compagni di college, che da sempre sono stati vicini l’uno all’altro. Si sono trasferiti nella metropoli da una cittadina del New England, e all’inizio sono sostenuti solo dalla loro amicizia e dall’ambizione. Willem, dall’animo gentile, vuole fare l’attore. JB, scaltro e a volte crudele, insegue un accesso al mondo dell’arte. Malcolm è un architetto frustrato in uno studio prestigioso. Jude, avvocato brillante e di enigmatica riservatezza, è il loro centro di gravità.

Nei suoi riguardi l’affetto e la solidarietà prendono una piega differente, per lui i ragazzi hanno una cura particolare, una sensibilità speciale e tormentata, perché la sua vita sempre oscilla tra la luce del riscatto e il baratro dell’autodistruzione. Intorno a Jude, al suo passato, alla sua lotta per conquistarsi un futuro, si plasmano campi di forze e tensioni, lealtà e tradimenti, sogni e disperazione. E la sua storia diventa una disamina, magnifica e perturbante, della crudeltà umana e del potere taumaturgico dell’amicizia.

Questo libro è un tradimento a più livelli. Nei confronti del lettore: già dal titolo, perché quella di Jude non potrà mai essere una vita “come tante”. Nei confronti dell’amore, che non salverà né sarà salvato, e della bellezza, sempre superata dall’orrore. Ma soprattutto nei confronti di Jude, che porta nel nome un antico destino di mancata redenzione. “Non far diventare il silenzio un’abitudine.” Più il dolore diventa insensato, più l’amore si fa spazio, illumina in silenzio e con dolcezza.

 

 

Autore: Alessandra Mureddu
Titolo: Azzardo
Casa editrice: Einaudi
Anno: 2023

A quarantun anni, nella pienezza della propria vita, una donna decide di salvare il padre, avvocato e giocatore patologico. Salvarlo significa addentrarsi nel mondo delle sale da gioco: un mondo senza finestre in cui non si distingue il giorno dalla notte, e neppure chi vince da chi perde, perché ogni vincita è destinata a finire nella fessura della slot: se ti è andata bene vorrai vincere di più, se stai perdendo continuerai a giocare per rifarti.

Così, la figlia che voleva salvare il padre si ritrova a dover salvare sé stessa dalla malattia del gioco, che la trascina in un gorgo senza fine. Il conto si svuota, i capelli si imbiancano, il corpo sparisce sotto una larga tunica nera. Le relazioni, gli amici, i colleghi, la famiglia: tutto viene intaccato in nome di questa febbre morbosa. Gli ori di famiglia rubati ai genitori e svenduti nei «Compro oro» per una manciata di contanti da dilapidare in fretta.

«Entro nella sala col passo trionfale di chi va a riprendersi il mondo. Le banconote da cinquanta, a colpi di un euro al secondo, spariscono nella fessura una via l’altra. Le conchiglie, quando escono, fanno pof, come lo schiocco di labbra di un pesce».

A raccontare questa storia, la sua storia, è una donna che ha superato da poco i quarant’anni. La sua voce è esatta, limpida, dura, il suo sguardo senza filtri. La sua mano non fa che infilare banconote nella fessura delle slot e premere il tasto start, per anni. Mentre la sua vita va a rotoli, lei aspetta «l’eco prolungata del solfeggio, le schegge di luce che si propagano al monitor». Perché ogni vincita è un battito in più nel petto. Alessandra Mureddu racconta dall’interno, con una scrittura infiammata, potentissima, un mondo che pochi conoscono, eppure descrive un sentimento in cui è impossibile non rispecchiarsi: la dipendenza di cui parla – che passa dalle macchinette alle relazioni sessuali e affettive, al padre, al cane, e potrebbe estendersi a qualsiasi cosa – è il segno del nostro tempo.

“Azzardo” è uno sfolgorante e feroce romanzo su ciò che abbiamo di più umano: le nostre debolezze.

Valentina Masserdotti, 4F

aprile 2023

Autore: Italo Calvino
Titolo: Le cosmicomiche
Casa editrice: Mondadori
Anno: 1993

Assurdo, irreale, fantastico. Magico, astratto, illogico, concreto e umano.

Calvino dobbiamo immaginarcelo seduto su una poltrona, gli occhi fissi sul libro di fisica che ha appoggiato sulle ginocchia, la matita in mano. Mentre legge pensa, segna i suoi pensieri sui bordi del libro, segna quello che la sua mente immagina mentre attraversa teoremi matematici sul mistero del tempo e dello spazio.

Ed è così che nascono le sue storie, dodici in totale: attraversano e superano le leggi di un universo in formazione, dalla nascita del mondo come noi lo conosciamo, fino al raggiungimento di un futuro infinito ed eterno, in un tutt’uno generale di velocità, improbabilità e stupore.

Il filo conduttore, tra le varie storie, può essere il vecchio saggio Qfwfq. Ha attraversato la storia del mondo, perennemente presente nel cosmo, passando da essere una conchiglia ad essere un dinosauro, finendo per spingersi oltre l’inimmaginabile – un essere informe, un cavalca galassie, uno scommettitore sul futuro del mondo, un bambino che gioca tra nebulose, un ricercatore di residui lunari.

Un po’ il libro, si nota, si vede internamente, ha il marchio dell’autore: storie brevi, veloci, ironiche spesso, che però lasciano stupiti, fanno davvero paura. E non si parla di una paura da romanzo horror, si parla di una paura solida, sottile, sottintesa in pagine divertenti, comiche.

Il tempo, che scorre inesorabile, eterno, impassibile e impassabile, il senso dell’annullamento di sé, l’essere un puntino adimensionale in un universo immenso. La cancellazione del passato, la scommessa in una esistenza frammentata futura, l’amore, elegante complesso costante incomprensibile. Una luna che si può toccare dall’alto di una scala in mezzo al mare, desideri e emozioni che portano ad una graduale perdita di contatto con la realtà, serie di illusioni cicliche, di contrapposizioni tra non essere e essere, vuoto e denso, rovescio e dritto.

E infine, la differenza tra una semplice e banale legge matematica, fisica, astronomica, e le sue reali conseguenze sulla realtà umana: la realtà di qualcuno che solo non è che un tassello atemporale disperso in uno spazio trascendente e in un tempo oltreumano, destinato a scomparire, senza poter lasciare di sé nemmeno il più piccolo segno, in un processo di astrazione, continuamente coperto dai segni più marcati, ma meno unici e personali, dei posteri, in un progressivo annullamento.

Estelle Veltri, 4A

 

Autore: Antonia Arslan
Titolo: La masseria delle allodole
Casa editrice: Rizzoli
Anno: 2004

La tragedia degli armeni. Un gruppo di donne indomabili e il loro amore per la vita.

Antonia Arslan attinge alle memorie familiari per raccontare la tragedia di un popolo “mite e fantasticante”, gli armeni, e la struggente nostalgia per una patria e una felicità perdute. Yerwant ha lasciato, appena tredicenne, la casa paterna per studiare nel collegio armeno di Venezia.

Ora, dopo quasi quarant’anni, sta ultimando i preparativi per il viaggio che lo ricondurrà alla Masseria delle Allodole, tra le colline dell’Anatolia, dove potrà finalmente riabbracciare i suoi cari. Ad attenderlo nella cittadina natale, inebriata dai gelsomini in fiore e dai dolci preparati per la Pasqua sono il fratello Sempad, e le sorelle Azniv e Veron, e una moltitudine di bambini, su cui vigila la mamma Shushanig. Si sta organizzando la festa di benvenuto e tutti, parenti e amici, sono invitati a prendervi parte alla Masseria, che è rimessa a nuovo.

Ma siamo nel maggio del 1915. L’Italia è entrata in guerra e ha chiuso le frontiere mentre il partito dei Giovani Turchi insegue il mito di una Grande Turchia, in cui non c’è posto per le minoranze. Yerwant non verrà, e non ci sarà nessuna festa. Al suo posto, solo orrore e morte.

È qui che comincia, per le donne armene della città, un’odissea segnata da marce forzate e campi di prigionia, fame e sete, umiliazioni e crudeltà.

Sarà grazie alla loro tenacia, al loro sacrificio e all’aiuto disinteressato di chi rifiuta di farsi complice della violenza che tre bambine e un “maschietto-vestito-da-donna”, dopo una serie di fatiche, riusciranno a salvarsi e a raggiungere Yerwant in Italia. E sarà lui a garantire per loro un futuro e a custodire le “memorie oscure” che oggi la nipote Antonia ha trasfuso in un romanzo dolce e straziante come una fiaba.

Autore: Telmo Pievani, Mauro Varotto
Titolo: Viaggio nell’Italia dell’Antropocene
Casa editrice: Aboca
Anno: 2021

Purtroppo, come ormai tutti sappiamo, l’impatto umano sul pianeta sta avendo effetti devastanti. A causa del clima, ma anche dei fattori umani, siamo d’accordo che la realtà geografica dell’Italia è cambiata molto nel corso dei millenni. Pertanto, possiamo affermare con rigore scientifico che l’Homo sapiens sta contribuendo a cambiare il clima e quindi anche la conformazione della superficie terrestre: non è un fenomeno recente, ma non è mai accaduto così velocemente e con conseguenze così vaste.

Data questa accelerazione senza precedenti, non possiamo fare a meno di chiederci: come cambierà l’aspetto del mondo nel futuro prossimo? Se tutto continuerà ad andare per il verso sbagliato e non prenderemo le giuste misure per evitarlo, assisteremo allo scioglimento perenne dei ghiacciai e all’innalzamento del livello del mare…

Per farci riflettere sui rischi che potremmo affrontare, il filosofo ed evoluzionista Telmo Pievani e il geografo Mauro Varotto hanno provato a immaginare come l’Italia potrebbe trasformarsi se ci proiettassimo nell’anno 2786. La Pianura Padana sarà quasi completamente sommersa; i milanesi potranno recarsi in spiaggia a Lodi; Padova e molte altre città saranno scomparse; altre si trasformeranno in sistemi urbani su palafitte; le coste di Marche, Abruzzo e Molise assumeranno l’aspetto di fiordi; Roma sarà una metropoli tropicale; la Sicilia un roccioso deserto, molto simile a quelli della Libia e della Tunisia…

Fortunatamente, questo scenario è ancora considerato irrealistico, ma aiuta a comprendere meglio il fatto che l’aspetto della nostra nazione non è affatto scontato e che la responsabilità di orientarlo in una direzione o nell’altra ricade interamente su di noi.

Ludovica Milletarì, Alessia Tagliaretti, Gaia Zappulla, 3A

marzo 2023

Autore: Nikolaj Vasil’evič Gogol’
Titolo: Le anime morte
Casa editrice: Einaudi
Anno: 1977

Durante l’Impero Russo, il termine “anime” designava i servi della gleba maschi. L’intento di Čičikov, affabile Consigliere di Collegio, è quello di acquistare a buon prezzo le “anime morte” dall’ultimo censimento, per i quali i proprietari continueranno a pagare una imposta, fin quando non ne verrà registrata la morte nel successivo censimento quinquennale. Čičikov punta così a crearsi, con il minimo sforzo, un numero di servitori, uomini considerati alla stregua di fantasmi, elevato al punto tale che, ipotecandoli, possa costituire un grosso capitale. Questa idea semplice e un po’ diabolica cerca la sua attuazione nella capitale di un governatorato popolata da personaggi pittoreschi, notabili cittadini o piccoli proprietari terrieri, tutti portatori di un vuoto morale che li fa sembrare spesso più morti di quei servitori che vengono rievocati e che sono l’oggetto delle trattative. Ciò deve necessariamente restare nascosto, ma alla fine il piano viene svelato, e per Čičikov l’unica soluzione per evitare la gogna pubblica è la fuga dalla città e dalla sua posizione di potere.

Dall’analisi della trama, emerge con trasparenza come Le anime morte sia un romanzo di denuncia sociale, vivido quadro di una Russia sgangherata e sonnolenta, abitata da figure grottesche e patetiche, delle quali il protagonista, Čičikov, è il più degno rappresentante.

Affresco grandioso e sconvolgente della Russia di metà Ottocento, Le anime morte intreccia passaggi lirici, particolari surreali e romantici, dimensioni metafisiche e macabre, dialoghi comici, iperbolici e funambolici artifici stilistici. Vi sfila una galleria di personaggi appartenenti a tutte le classi sociali, le cui anime sono moralmente morte: solo una commedia grottesco-satirica poteva descrivere questa ottusa società di proprietari terrieri, contadini e funzionari, immersa in una palude di stupidità e pigrizia provinciale, di mediocrità e pochezza morale. Un capolavoro in cui Gogol’, con la sua anarchica energia vitale, infonde l’essenza del carattere russo e, al tempo stesso, sfiora gli orrori nascosti nel profondo di tutti noi.

Samantha Pagotto, 5C

 

Autore: Charlotte Brontë
Titolo: Jane Eyre
Casa editrice: Bur
Anno: 2018

«Quell’uomo mi costringeva ad amarlo senza neppure guardarmi».

In una sera nebbiosa Jane Eyre arriva a Thornfield Hall. Ha diciott’anni e non sa che la sua vita è a una svolta. Orfana e di umili origini, è stata allevata senza amore dalla zia e poi mandata in collegio, dove è rimasta otto anni, prima come allieva, poi come maestra. Il suo carattere forte e indipendente l’ha spinta a lasciare le pareti opprimenti di Lowood per cercare lavoro come bambinaia, rispondendo al richiamo del mondo.

A Thornfield Hall, Jane si occuperà della piccola Adele, la protetta di Mr. Rochester, un uomo sui quarant’anni, tratti duri, aspetto autoritario. Per Jane questa nuova casa è una scuola di vita. Conosce l’indipendenza e una tranquillità mai goduta prima. Ma soprattutto conosce l’amore di Mr. Rochester. Un amore travolgente, sensuale e inevitabile fin dal primo incontro: «Se questo estraneo mi avesse sorriso e fosse stato cordiale con me, se avesse respinto la mia proposta di aiuto con allegria e gentilezza, sarei andata per la mia strada e non mi sarei sentita di fare nuove domande: ma il cipiglio e la ruvidezza del viaggiatore mi misero a mio agio; rimasi dov’ero quando mi fece segno di andarmene». Presto però i sogni di Jane si rivelano impossibili, destinati a farsi soffocare dal passato oscuro di Rochester: l’amore non può competere con i segreti che sono celati da troppi anni…

Jane Eyre fu pubblicato per la prima volta nel 1847 con lo pseudonimo di “Currer Bell”. Racconta tutte le tappe della vita della protagonista Jane, ed è scritto in forma autobiografica: è al lettore che si rivolge Jane, a lui che racconta gli eventi, che fornisce spiegazioni, che esplicita e descrive sentimenti ed è con lui che condivide le gioie e i dolori che ne scandiscono l’esistenza.

Jane Eyre rompe gli schemi dell’epoca in cui vive, non si accontenta, rischia la propria vita, accetta le sfide, studia e si impegna ad essere una donna autonoma.

Nella letteratura inglese, è forse l’emblema per eccellenza della donna forte e indipendente, che si getta nel mondo da sola pronta ad affrontare tutte le difficoltà che le si presentano, per ottenere la vita che le spetta.

Francesca Pasquini, 3A

febbraio 2023

Autore: Alessandro D’Avenia
Titolo: L’arte di essere fragili: come Leopardi può salvarti la vita
Casa editrice: Mondadori
Anno: 2016

In queste pagine, l’autore intrattiene una corrispondenza ideale con Giacomo Leopardi, ponendogli diverse domande e provando a rispondere agli interrogativi del grande poeta.

Il risultato di tale dialogo, che prova ad espandere la vita come solo la scrittura e la lettura possono fare, è che non esiste così tanta distanza tra i dubbi di un giovane di ieri e quelli di uno di oggi. La paura della solitudine, la tendenza verso qualcosa di infinito e le domande circa il nostro essere al mondo ci accomunano tutti e in tutte le epoche. La convinzione odierna della perfezione che non accetta debolezze, qui viene smentita senza veli. L’autore, attraverso una scrittura limpida e pulita, prova a far capire l’importanza di accettare le proprie fragilità e di continuare a guardare il mondo con la meraviglia nel cuore, senza essere schiacciati dal limite e “vedendo l’infinito a cui rimanda”. D’Avenia cerca di scuotere principalmente i giovani delle nuove generazioni che, a suo giudizio, sembra quasi che abbiamo dimenticato da dove vengano e quale sia la loro strada.

Il libro è suddiviso in quattro parti che vanno a rappresentare i momenti cruciali della esistenza umana: Adolescenza o arte di sperare, Maturità o arte di morire, Riparazione o arte di essere fragili, Morte o arte di rinascere. In ognuna di queste sezioni, vengono affrontate diverse tematiche proprie di quel preciso momento esistenziale.

È giusto sottolineare che tutte le affermazioni di questo romanzo sono proprie dell’autore, accompagnate da una personale interpretazione delle poesie di Leopardi. Talvolta, quindi, si possono trovare dei giudizi che non riflettono le idee del poeta, bensì le opinioni di Alessandro D’Avenia.

Valentina Masserdotti, 4F

 

gennaio 2023

Autore: Vasilij Grossman
Titolo: L’inferno di Treblinka
Casa editrice: Adelphi
Anno: 2010

È solo nell’autunno del 1944 che, dopo mesi di profonde ricerche, Vasilij Grossman, corrispondente di guerra dell’Armata Rossa, pubblica finalmente uno dei suoi maggiori capolavori, lasciando il mondo intero a bocca aperta.

L’Inferno di Treblinka: un libro – quasi un reportage – dove l’autore prova a racchiudere in sole settanta pagine l’essenza umana, e prova a descrivere al meglio la più tacita, ma anche la più terribile, fabbrica della morte nazista.

Treblinka è un luogo strategico: posta al centro di un nodo ferroviario, protetta dalla vegetazione e dal silenzio, congiunge la Polonia alla Germania, la Bielorussia all’Austria. Ogni giorno stipati su treni vengono deportati qui più di ventimila ebrei, zingari, polacchi, uomini che hanno disertato contro il regime nazista, ed ogni giorno più di ventimila uomini muoiono nelle camere a gas, sotto fucili di tedeschi talmente tanto assuefatti alla morte da non provare più niente, se non una profonda gioia e uno sghembo riso, nell’uccidere, e nel vedere altri soffrire.

Con parole semplici, stile quasi scientifico – profondamente descrittivo, l’autore prova a raccontare dei sentimenti più profondi provati da mariti, vecchi, bambini, madri, uomini pieni di sogni desideri ideali davanti ad una morte inconcepibile, improvvisa, brutale, annientante: bastano pochi secondi per distruggere ciò che il mondo e la natura hanno creato nella gestazione lunga ed estenuante della vita.

Privati di ciò che avevano goduto fin dalla nascita – la libertà, la patria, la casa, il nome, l’affetto, l’amore – marciano verso una fine certa, perché a Treblinka essere condannati a vivere è molto peggio che essere condannati a morire.

Grossman segue con calma, dolcezza, precisione, dura sincerità, i passi dei più di ottocentomila uomini che attraversarono la più grande fabbrica di morte nazista – una catena di montaggio su larga scala. Ed è attraverso i sentimenti flebili di bambini, donne, malati, padri di famiglia, di cui non sappiamo nulla, di cui non conosciamo niente, di cui non possiamo nemmeno immaginare il coraggio e la forza nell’avanzare nudi su quella strada, consapevoli della loro fine, che ci si accorge dell’umanità presente in ciascuno di noi, e di come ogni essere, ogni popolo, sia responsabile: deve tenere a mente quanto accaduto, per fare in modo che non succeda nuovamente, quello che inauditamente si è visto essere possibile.

Estelle Veltri, 4A

 

Autore: Gabriel Garcia Marquez
Titolo: Cent’anni di solitudine
Casa editrice: Biblioteca di Repubblica
Anno: 2002

Macondo è un microcosmo sconvolto da cataclismi biblici, devastato dalla follia degli uomini, e scosso da mille piccoli drammi o gioie quotidiani. È la sede di un secolo di vita della famiglia Buendìa, che sono insieme i creatori e i distruttori di questo villaggio a cui s’arriva attraverso “nebbiose gole, tempi riservati all’oblio, labirinti di delusione”. Già dall’incipit il lettore è attratto nella magica atmosfera di Macondo, che appare isolato dal mondo come isolati e soli sono i suoi abitanti, in cui vi è una commistione continua dei limiti tra gli opposti: i confini tra reale e fittizio, tra vita e morte, tra presente e fantasia onirica sono estremamente labili.

Tutte e sette le generazioni che il lettore accompagna nel corso della narrazione, comunque, sono accomunate da un senso spossante di solitudine e sconfitta: ognuno dei Buendìa è condannato ad un destino di inquietudine e inappagamento, a un fare e a un disfare, alla ricerca di un riscatto che non arriverà. Permane un senso di incomprensione reciproca, di ineluttabilità esistenziale e di opprimente isolamento di ciascuno dei personaggi.

Molti anni dopo, davanti al plotone d’esecuzione, il colonnello Aureliano Buendía avrebbe ricordato quel pomeriggio remoto in cui suo padre l’aveva portato a conoscere il ghiaccio. Erano le ultime cose che rimanevano di un passato il cui annichilimento non si consumava, perché continuava ad annichilirsi indefinitamente, consumandosi dentro sé stesso, terminandosi in ogni minuto ma senza terminare di terminarsi mai”.

Da José Arcadio ad Aureliano Babilonia, dalla scoperta del ghiaccio alle pergamene dello zingaro Melquíades finalmente decifrate: cent’anni di solitudine della grande famiglia Buendìa, i cui componenti vengono al mondo, si accoppiano e muoiono per inseguire un destino impossibile da stornare dalla propria stirpe. Con questo romanzo tumultuoso che usa i toni della favola, sorretto da un linguaggio portentoso e da un’inarrestabile immaginazione, Gabriel García Márquez ha saputo rifondare la realtà del mitico villaggio sperduto fra le paludi, che non solo rende Macondo allegoria dell’America latina colonizzata dagli spagnoli, bensì ne fa anche un vero e proprio paradigma dell’esistenza umana. In questo universo di solitudini incrociate, impenetrabili ed eterne, galleggia una moltitudine di eroi predestinati alla sconfitta, cui fanno da contraltare la solidità e la sensatezza dei personaggi femminili. Un mondo iperbolico e immaginifico, che a ben guardare non si discosta di molto dalla nostra realtà quotidiana.

Samantha Pagotto, 5C

 

Autore: Jane Austen
Titolo: Orgoglio e pregiudizio
Casa editrice: Garzanti
Anno: 1992

Sebbene scritto in un periodo storico in cui la condizione della donna non era molto favorevole, Jane Austen descrive una protagonista intelligente, forte e determinata. Amante della letteratura e delle lunghe passeggiate all’aria aperta, Elizabeth Bennet affronta la vita e le situazioni che le si presentano davanti senza mai tirarsi indietro.

A differenza delle sorelle e in antitesi ai consigli della madre, non ha fretta di darsi in sposa al primo pretendente. Ha un sogno: vuole innamorarsi prima di sposare l’uomo con trascorrerà gli anni successivi.

Ciò pare difficile, ma quando si presenta alla porta di casa Bennet un nuovo interessante vicino, il giovane Mr Darcy, tutto cambia: inizialmente ella si era basata sui pregiudizi che aveva su di lui, che l’avevano portata a considerarlo antipatico, troppo orgoglioso e arrogante; tuttavia con il tempo scopre in lui un individuo dal carattere amabile.

I personaggi sono ben descritti e articolati, sia quelli principali, ma anche quelli secondari.

Il profondo legame con la sorella maggiore Jane è indissolubile e rivela una dolcezza e, allo stesso tempo, una forza d’animo non comune. Sebbene la sua famiglia sia causa di situazioni spesso imbarazzanti, Elizabeth non può fare a meno di amarla con tutto il cuore e non permette a nessuno di denigrarla, indipendentemente dal grado sociale.

 

Autore: Cesare Maria Cornaggia
Titolo: Dalla parte del desiderio
Casa editrice: Inshibboleth
Anno: 2022

«Credo proprio che la cosa che conta di più sia questo cogliere il cuore, il desiderio, dell’altro, non occupandosi di ciò che appare, di quello che risulta essere il ruolo che l’altro ha assunto, chissà poi per quale strada o per quale ragione, nel mondo. Quello che conta è arrivare dritti al cuore: solo questo permette l’incontro e quindi il cambiamento attraverso il perdono».

Ripercorrendo la propria storia e l’incontro con il maestro, Cesare Maria Cornaggia, psicoterapeuta e docente universitario, rilegge il proprio mestiere come un cammino che lo ha reso sempre più compagno dei pazienti che gli si facevano incontro. La scoperta dell’umano sotto la diagnosi, la curiosità stringente, la prassi sfidante del maestro che non permetteva a nessuno dei suoi allievi di ridurre la persona ad una malattia. Si compone così una galleria di ricordi e relazioni: ogni paziente, con il suo insegnamento, segna una via di amicizia e stima tra maestro e autore, che li lega per la vita.

Cornaggia è stato in grado di “tenere la mano” non solo ai pazienti, ma anche al lettore, in un tentativo di riscoperta di cosa significa davvero essere aiutati e, soprattutto, aiutare. «Il lavoro terapeutico dovrebbe porsi in controtendenza, dovrebbe essere prima di tutto un atto di umiltà del terapeuta che si mette pazientemente nella posizione di ascoltare, ascoltare, ascoltare e ancora ascoltare il paziente senza giudicare, ma creando invece l’occasione di un incontro. Ci dovrebbe essere una comunione continua tra la conoscenza didattica e tecnica e l’umanità dello sguardo verso la sofferenza altrui con la timida accettazione del fatto che è la stessa mia sofferenza, ma che non si è da soli a guardarla».

Valentina Masserdotti, 4F

 

Autore: George Orwell
Titolo: La fattoria degli animali
Casa editrice: Mondadori
Anno: 1980

Ricco di riferimenti politici, La fattoria degli animali vuole offrire una visione alternativa dei fatti storici, cercando di mostrare al lettore gli aspetti negativi del Comunismo e, più in generale, dei totalitarismi: ogni animale, infatti, rappresenta un determinato personaggio del regime staliniano.

La vicenda raccontata da Orwell si svolge all’interno della fattoria di Jones, un fattore perennemente ubriaco che spesso maltratta le proprie bestie. Una sera gli animali, stanchi di essere sfruttati dal loro padrone, indicono una riunione in cui a prendere voce è un anziano maiale di dodici anni, Vecchio Maggiore, da tutti ammirato e stimato. Dopo aver raccontato agli altri animali della fattoria il suo sogno, in cui tutti venivano liberati dalla schiavitù dell’uomo, Vecchio Maggiore apre un appassionato discorso, in cui esorta gli altri animali a ribellarsi all’umano oppressore.

A conseguire nel progetto sono tre giovani ed intraprendenti maiali – Napoleon, Palla di Neve e Clarinetto – che riescono a cacciare il fattore dalla propria fattoria, prendendone il possesso e dandole il nome di Fattoria degli Animali, luogo dove vige un principio: tutti gli animali sono uguali. La Fattoria inizia rapidamente a progredire grazie alla collaborazione e al duro lavoro di ognuno. Con il tempo, però, i maiali iniziano ad acquisire sempre più potere, creando un netto distacco tra la loro categoria e quella degli altri animali che, illusi dagli utopici ideali della rivoluzione, non si accorgono di essere di nuovo sottomessi a dei padroni.

Uno di questi, Napoleon, diventa il dittatore assoluto della fattoria e, ad ogni tentativo di sovversione del sistema, agisce con la forza per reprimerlo.

Il libro può sembrare una semplice favola per bambini, ma da un altro punto di vista mostra la critica a quei regimi totalitari, probabilmente nati come rivoluzionario-popolari, che sfruttano la paura, l’instabilità e il disordine conseguenti ad una ribellione per prevalere.

 

Autore: Gianni Paganini
Titolo: Voltaire
Casa editrice: Mondadori
Anno: 2021

I grandi del pensiero sono una raccolta di libri che affrontano temi filosofici. Il 32esimo di questi è dedicato a Voltaire: drammaturgo, storico, romanziere oltre che famoso filosofo e formidabile promotore di idee.

Voltaire fu il garante delle idee illuministiche e il simbolo di un’epoca legata indissolubilmente alla ragione. Convinto che la filosofia non dovesse rappresentare un’arte speculativa, ma uno strumento per comprendere e migliorare il mondo, mise in pratica questo concetto con la sua sterminata opera, ma soprattutto con il suo impegno fattivo per cambiare una società ancora incatenata all’Ancien Régime. Combatté la superstizione e i pregiudizi, ma anche il clericalismo e le religioni positive, difese con forza i princìpi di tolleranza contro ogni discriminazione religiosa e sociale, e proclamò la libertà di pensiero. Divenne l’icona del liberalismo illuministico, figura ancora oggi vivissima.

A cura di Gianni Paganini, questo romanzo dipinge in maniera esaustiva la persona di Voltaire sotto tutti i punti di vista; descrivendo la vita e l’ambiente, la fortuna e gli influssi, gli amici e i nemici, e soprattutto il suo pensiero, che vede come fulcro la tolleranza: “la tolleranza non ha mai provocato una guerra civile, mentre l’intolleranza ha coperto la terra di eccidi”.

 

Autore: Euripide
Titolo: Medea

La Medea è una tragedia di Euripide messa per la prima volta in scena nel 431 a.C. ad Atene durante un concorso contro Sofocle e Euforione. Si classificò terza ma lascia un indelebile traccia sul pubblico. Euripide, in un periodo scuro come la guerra del Peloponneso, è capace di mettere in scena un dramma che, oltre a ispirare parodie e imitazioni, riesce a essere un’assoluta novità per il tempo e rimane immortale e attuale fino a oggi.

Euripide attinge al passato, attinge al passato nella forma e negli argomenti. Il tema delle sue tragedie è spesso il mito e la forma è nobile e arcaica ma Euripide stupisce, Euripide smonta la tragedia e smonta il mito.

Smonta la tragedia, la priva del suo principale scopo “la catarsi” nella Medea non c’è purificazione non c’è risoluzione solo tragedia. Non arriva nessuno a rimettere al proprio posto la situazione, invece il deus ex machina serve a far fuggire Medea, a salvarla da alcun male, da alcuna punizione.

Il mito viene sconvolto, vengono cambiate le regole e alla storia viene attribuita una violenza senza precedenti. Euripide come poteva portare qualcosa di così sconvolgente al pubblico? Avrebbe potuto rendere Medea un personaggio simile a Clitennestra, una donna vile che risulta violenta perché si scontra con la civiltà e la razionalità del mondo maschile che sarebbero stati incarnati da Giasone.

Avrebbe potuto creare una storia in cui Medea viene punita per le sue azioni per dimostrare la giustizia della polis che regna su tutto e questo ruolo poteva essere incarnato da Creonte o da Zeus attraverso il “deus ex machina”. Una Medea che uccide in un momento di follia come Ino, o una Medea che uccide a sangue freddo e viene distrutta dal rimorso come Procne, invece no, non è convenzionale il personaggio e non è convenzionale la fine della storia.

Questi stravolgimenti, queste differenze con il canone si hanno perché l’autore è figlio dei suoi tempi, non è schiavo di una mentalità conservatrice. Invece è lungimirante e sa che Atene sta per cadere e che l’impostazione politica della polis sta perdendo la propria importanza e, se cade la polis, cadono le certezze, cade il codice morale e quest’opera è specchio del degrado del tempo.

La tragedia si apre già con la premessa che qualcosa di male stia per accadere. Δέδοικα δ᾽ αὐτὴν μή τι βουλεύσῄ νέον·: “ho paura che stia tramando qualcosa di tremendo” dice la nutrice temendo per la vita dei bambini, percepisce che il dolore di Medea non sia passivo e procedendo nella lettura sentiamo sempre più incombente l’arrivo della vendetta. non è una semplice donna offesa, la situazione drammatica infatti potrebbe ricordare quella dell’aiace di sofocle, entrambi hanno un giorno di tempo limite, temono lo scherno dei propri nemici, hanno un dialogo con il coro in cui esprimono le proprie possibilità e rifiutano ogni alternativa.

Le somiglianze non sono casuali Medea non è una semplice donna, Medea ci viene presentata come un eroe, o anti eroe in questo caso. Non ha nessuna intenzione di cedere al volere altrui e decide di portare a compimento la sua missione discute a tu per tu con gli uomini, e non uomini qualsiasi un re e un eroe, come fossero pari fatto inaudito per il tempo, per ciò che la donna doveva rappresentare.

Il rimando a Sofocle continua nella falsa sottomissione a Giasone “εἰκός σ᾽, ἐπεὶ νῷν πόλλ᾽ ὑπείργασται φίλα. Ἐγὼ δ᾽ ἐμαυτῇ διὰ λόγων ἀφικόμην κἀλοιδόρησα· σχετλία, τί μαίνομαι καὶ δυσμεναίνω τοῖσι βουλεύουσιν εὖ”

“Ho parlato a me stessa e mi sono fatta molti rimproveri” racconta la sua autocritica e rimanda a i riferimenti sofoclei della ragione si definisce “pazza” e “irragionevole” quando arriva l’assenzo di Giasone e dice “ἔγνως δὲ τὴν νικῶσαν, ἀλλὰ τῷ χρόνῳ, βουλήν· γυναικὸς ἔργα ταῦτα σώφρονος.” hai compreso, anche se non subito, la decisione vincente: questo è un agire da donna saggia. La sua cecità lo porterà alla rovina, le parole stesse di Medea sono lo strumento della sua vendetta. l’unico vero e proprio ostacolo di Medea diventa Medea stessa diventa il dubbio dopo che le giunge la notizia che i malevoli doni sono giunti nelle mani della principessa in ella sorge il dubbio, nel suo monologo traspare lo scontro interno, cambia idea e la cambia di nuovo solo per giungere alla decisione definitiva.

Prima incontra gli occhi dei figli e rinuncia per poi chiedersi se sia giusto lasciare impunto chi le ha fatto un tale affronto poi si rivolge al proprio thumos, alla propria anima come agente esterno e la implora di non compiere il delitto per poi lasciare che il thumos abbia il sopravvento. Ella trionfa cruentemente non solo sul proprio avversario ma anche sui propri sentimenti materni.

Emanuele Vitagliano, 5aa

 

novembre 2022

Autore: Haruki Murakami
Titolo: Abbandonare un gatto
Casa editrice: Einaudi
Anno: 2020

Uccelli che migrano
Ah, dove andranno mai?
Forse alla madre terra

Un soldato e un prete,
A mani giunte
Rivolto alla luna

In “Come abbandonare un gatto” Murakami ci concede una cronaca della vita del padre e ci invita a riflettere sul sottile filo che tiene assieme tutti i piccoli eventi che ci hanno portato a essere ciò che siamo.
La narrazione danza tra aneddoti, haiku, sprazzi di vita, e riferimenti storici. Aruki ci regala l’ennesimo spaccato della cultura nipponica che in moltissimi aspetti, soprattutto i più intimi, rimane così aliena a noi occidentali. Questa forte differenza spesso ci fa cadere in fallo e ci rende troppo leggeri nel giudicare il modo di esprimersi dell’autore rispetto a determinate questioni.
Nella sua semplicità e nella sua naturalezza questo racconto emoziona e ci ricorda che dietro a ogni opera artistica c’è un essere umano, con le sue fragilità, con la sua storia e con il suo percorso (spesso travagliato), cosa che troppo spesso tendiamo ad ignorare. Murakami ama i gatti, la musica, i film, la letteratura e la natura. Ha un rapporto travagliato con il padre, un uomo che ha vissuto traumi come la guerra e l’abbandono.
L’autore è il risultato di un susseguirsi di eventi che solo e unicamente per delle sottigliezze ha preso questa strada e per un piccolo dettaglio avrebbe potuto essere tutto completamente diverso, non esistere.
Esattamente come ognuno di noi.

Emanuele Vitagliano, 5aa

marzo 2022

Autore: F. Dostoevskij
Titolo: Memorie dal sottosuolo
Casa editrice: Garzanti
Anno: 2013

Il sottosuolo evocato dal titolo non descrive tanto una condizione sociale ma rappresenta invece l’anima dell’io narrante. Le “memorie dal sottosuolo” costituiscono una narrazione nervosa e veloce, fatta da frasi semplici. L’anima umana, come dimostra il libro, è sempre la stessa, le ferite sempre uguali, le nevrosi ripetitive, la cura per i travagli dell’uomo introvabile. Il sottotitolo di questo romanzo, rivelatore, è “storia di una nevrosi”. Dostoevskij qui, maestro nell’indagare gli istinti più neri dell’uomo, è più spietato che mai, non risparmia di rivelare nemmeno i pensieri più intimi, meschini e rivoltanti del protagonista. L’io narrante è tremendamente cinico ma anche meschino, alternativamente masochista nel perseguimento di situazioni incresciose e masochista e sadico nel provocare sofferenza; spesso mi ci riconosco.
I protagonisti dei libri di D. sembrano non aver mai possibilità di sottrarsi al proprio fato, ma in realtà è l‘anima a determinare il loro destino. L’autore russo è il primo che si occupa così tanto dell’anima dei propri personaggi e oggi possiamo dire che in realtà egli, intuì l’importanza di un aspetto della personalità degli esseri umani che pochi anni più tardi Sigmund Freud rivelò trattarsi di un elemento sì oscuro, ma analizzabile e conoscibile, ossia l’inconscio ovvero “il sottosuolo”. Dostoevskij indaga l’inconscio rappresentando tutte le pulsioni, le inclinazioni e le tensioni dell’individuo interessandosi soprattutto ai lati più oscuri e corruttori.

Giulia Minniti

Autore: T. Senise, M. Aliprandi ed E. Pelanda
Titolo: Psicoterapia breve di individuazione
Casa editrice: MIMESIS
Anno: 2014

Psicoterapia breve di individuazione (2014, MIMESIS) è un trattato di metodologia psicoterapeutica nei confronti degli adolescenti, scritto da T.Senise, M. Aliprandi ed E. Pelanda e basato su una raccolta di anni di esperienza di Senise come psicanalista. Nonostante non sia una lettura leggera è sicuramente un libro consigliabile a tutti, dagli aspiranti terapeuti ai ragazzi e agli adulti; chi è incuriosito dall’argomento, chi vuole capirsi e chi vuole capire i propri figli troverà certamente pane per i propri denti, ritrovandosi in molte delle sotuazioni elencate in questo trattato. Diviso in una parte prettamente accademica (sulla metodologia terapeutica) e in una parte più scorrevole (con esempi di colloqui), spiega senza fronzoli il corretto approccio a una categoria fragile come quella degli adolescenti, invitando a una comprensione delle problematiche adolescenziali senza rinunciare a un atteggiamento a tratti provocatorio, per indurre nei ragazzi una posizione attiva nei confronti della vita.
Chiunque può in parte immedesimarsi in almeno uno dei pazienti, che hanno in comune la condizione di ricerca della propria identità.
Come lo stesso Senise scrive nella iniziale Lettera a un adolescente, consiglio a chi è meno interessato nella parte accademica di iniziare la lettura dal sesto capitolo, partendo dal quale vengono riportate le consultazioni, per poi passare eventualmente ai primi cinque capitoli; ad ogni modo è certamente approvato per chiunque voglia capirsi in modo più profondo.

Riccardo Cellini, 5°AA

gennaio 2022

Autore: C.Dickens
Titolo: Una storia tra due città
Casa editrice: Mondadori
Anno: 2017

 

Un romanzo di grande successo ambientato tra Parigi e Londra nei tempestosi anni che

precedettero e seguirono la Rivoluzione francese. Siamo a metà del 700, ci troviamo su un

traghetto che parte dalle coste di Dover dell’Inghilterra verso la Francia. Su questo traghetto si

trovano un impiegato di banca e una giovane ragazza, i quali si dirigono a trovare un uomo

ingiustamente detenuto nella Bastiglia e inizialmente creduto morto. Da questo inizio si sviluppa

un’intrecciata trama di personaggi e vicissitudini.

E’ un romanzo che Dickens scrisse innanzitutto per lanciare e sostenere le vendite del suo

giornale, proprio per questo sono ricorrenti elementi e sviluppi che hanno come scopo non solo

quello di indurre il lettore e voltare pagina, ma ad acquistare il numero successivo del giornale per

vedere come va a finire la vicenda.

La vicenda è ben strutturata, la lettura scorrevole e piena di colpi di scena. E’ un libro che fa

riflettere ed emozionare. Dickens riesce a intrecciare benissimo il periodo storico con la vicenda,

dalla presa della Bastiglia al benessere economico che investe la città di Londra del 700.

Con questo romanzo non solo rappresenta le due città del titolo, quindi Londra e Parigi, bensì due

sistemi politici e sociali radicalmente differenti ed appare più che attuale.

Egli credeva che questo libro fosse la sua opera più grande, probabilmente perché sentiva che era

l’affermazione più chiara di ciò in cui credeva. Sebbene sia il meno tipico dei suoi romanzi, “Una

storia tra due città” sottolinea ancora molti dei suoi temi duraturi: la prigionia, l’ingiustizia,

l’anarchia sociale, la resurrezione e la rinuncia che favorisce il rinnovamento.

Nasto Martina, 5bb classico

 

Autore: M. Shelley
Titolo: Frankenstein
Casa editrice: Einaudi
Anno: 2016

Frankenstein è un romanzo scritto dall’autrice britannica Mary Shelley, il cui titolo si riferisce ad uno scienziato, Victor Frankenstein, che scopre come dare vita a un corpo inanimato e crea un essere a somiglianza dell’uomo, ma più ben grande della media e molto più potente. Crede inizialmente che la sua scoperta porterà a ulteriori progressi scientifici, ma crea sostanzialmente un mostro. Il libro si interroga su cosa significhi essere umani. Si tratta di un romanzo che, a primo impatto, può non invogliare alla lettura, essendo Frankenstein un personaggio assai conosciuto nella cultura popolare e di cui si pensa di saperne già abbastanza. E’ un romanzo che tratta dei limiti umani, ed in primo luogo della diversità: un tema sempre attuale.

Il messaggio del libro voleva essere anche un avvertimento contro l’eccessiva portata dell’uomo moderno e la rivoluzione industriale. Il romanzo ha avuto un’influenza sulla letteratura e sulla cultura popolare e ha generato un genere completo di storie e film horror. È probabilmente considerato il primo romanzo di fantascienza/fantasy completamente realizzato. Ogni libro che è stato scritto sull’intelligenza artificiale dai tempi di Frankenstein deve qualcosa a Mary Shelley.  La scrittura, complessa e vivace, esprime l’angoscia sia del mostro che dello scienziato. Questo libro è adatto anche a coloro che non amano questo genere, perché la storia, nata dall’immaginazione di una ragazza di 19 anni che scriveva nel 1818, è raccontata con una scrittura coinvolgente.

Nasto Martina, 5bb classico

gennaio 2020

Autore: Lukas Thommen
Titolo: L’ambiente nel mondo antico
Casa editrice: Il Mulino
Anno: 2014

Di facile e agevole lettura, il saggio propone uno studio sul complesso rapporto tra uomo e natura nell’età antica, all’interno di coordinate spazio-temporali ben definite: dall’area mediterranea, in cui è fiorita la polis della Grecia, al territorio dell’Europa a nord delle Alpi compreso nei confini dell’Impero di Roma, dal IX sec. a. C. al V sec. d. C.

Dopo un’ INTRODUZIONE volta a presentare l’argomento oggetto della trattazione, il libro vede una grande divisione in due parti, dedicate rispettivamente alla Grecia e a Roma, all’interno delle quali si utilizzano gli stessi criteri e parametri per individuare le costanti del rapporto dell’uomo con l’ambiente in cui si trova a vivere.

Partendo dall’antica Grecia e dopo una breve descrizione del territorio della penisola, si entra subito nel vivo dell’indagine prendendo in esame l’influenza dell’uomo sul clima, che d’altra parte è condizione fondamentale nell’occupazione di un territorio.

Si passa, quindi, al concetto-cardine alla base dello studio: la concezione e la visione della natura da parte dell’uomo, da cui dipende anche l’atteggiamento dello stesso nei confronti dell’ambiente in cui vive. Già nella prospettiva del mito, la natura appare sia amica sia nemica, in quanto popolata sì da ninfe e fonti, immerse tra prati e boschi, ma anche luogo oscuro e sede di bestie selvatiche e di potenze divine demoniache da placare con riti di purificazione (sempre presenti quandi si intraprende un’attività agricola o si fonda una città). Si comprende, pertanto, il determinismo ambientale di Ippocrate di Cos, con la chiara interazione tra salute e ambiente.

Ne conseguono i due atteggiamenti che da sempre l’uomo presenta nei confronti del mondo naturale: in primo luogo la consapevolezza della propria superiorità, in quanto capace di dominare con il suo ingegno e le sue arti il mare, la terra e gli animali (Sofocle, coro dell’Antigone); dall’altra parte, la constazione amara della propria inferiorità e impotenza di fronte a fenomeni incontrollabili, come terremoti ed eruzioni vulcaniche.

Dopo un’analisi dell’evoluzione del pensiero con l’approdo al logos e quindi all’ingresso della razionalità nel rapporto con la natura, da Eraclito alla filosofia ellenistica, si passa a una rassegna delle modalità con cui l’uomo influisce sull’ambiente. naturale. In particolare si prendono in considerazione i seguenti settori: agricoltura, giardini, animali, alimentazione, fuoco e acqua, terremoti e vulcani, attività estrattiva, con i conseguenti effetti di inquinamento e distruzione.

Relativamente al mondo Romano, si inserisce anche l’analisi della rete stradale, sia urbana sia di collegamento, approfondendo in modo più accurato l’ambiente umano della villa rustica, a partire da Catone, e il legame dello stesso con un ambiente naturale per forza di cose imprescindibile, la foresta, nei suoi due fondamentali aspetti di LOCUS HORRIDUS e LOCUS AMOENUS, come silva, lucus e nemus.

Per quanto riguarda l’acqua, non possono mancare gli acquedotti Romani e una breve trattazione del problema dello smaltimento delle acque di scolo, divenuto sempre più rilevante con l’aumento della popolazione e il progresso in campo tecnologico.

Roma, grande città e metropoli dell’antichità, presenta quindi i problemi di oggi, dal quello dei rifiuti a quelli del traffico e del rumore, dell’ordine pubblico e dell’igiene, per non parlare della cattiva qualità dell’aria.

Conclude lo studio uno spaccato sulla villa rustica, con immagini tratte dalle opere di Orazio e Giovenale, cui si aggiungono le descrizioni delle splendide villae di Cicerone, di Cesare a Baia (Napoli) e di Plinio il Giovane, a Laurento e in Toscana, con le tipiche zone che indicano l’ammirazione per il mondo greco, di cui vengono imitati ambienti quali l’Accademia (nome della villa di Cicerone presso Cuma sul lago Averno) e il ginnasio, con sculture e spazi per allenare il corpo durante il tempo libero, ma anche per occasioni di rappresentanza.

La villa, quindi, come vittoria dell’uomo sulla natura, nella completa assenza di un concetto di tutela ambientale e nella difesa della legittimità dell’otium nella tranquillità della campagna in difesa degli antichi costumi. Le CONCLUSIONI e la POSTFAZIONE riprendono i concetti-cardine attorno a cui ruota il libro, evidenziando la linea pragmatica alla base del rapporto con l’ambiente degli antichi, che di esso coglievano l’utilità in termini di risorse, da conservare tuttavia per interessi comuni.  Nell’ottica dell’attuale dibattito sulla sostenibilità, allora…

la storia può dare un contributo certamente modesto, ma assolutamento in anticipo sui tempi per quanto riguarda il rapporto critico con la natura, e quindi, anche per la ricerca sull’ambiente.

Così si conclude il saggio, cui fa seguito una Tavola cronologica accompagnata dal consueto corredo bibliografico.

prof.ssa Alessandra Silva

 

Autore: Kyle Harper
Titolo: Il destino di Roma
Casa editrice: Einaudi
Anno: 2019

Si arriva davvero con il fiato corto e il respiro affannoso al termine della lettura di questa affascinante opera che ci accompagna attraverso la storia dell’Impero Romano nei secoli che ne precedono e preparano la caduta. E quando, con gli occhi ancora incollati all’ultima pagina, si tenta di chiudere il libro, la mente e il cuore sembrano trattenere la mano e guidarla, invece, a ripercorrere un cammino davvero avvincente in quell’inscindibile binomio uomo-ambiente divenuto oggi così attuale e ineludibile. Ecco allora che il passaggio dal Prologo, con «Il trionfo della natura», all’Epilogo con il significativo interrogativo «Trionfo dell’umanità?» diviene del tutto naturale, rendendo sempre meno percepibile la distanza tra il passato e un presente che pare riproporne le linee caratterizzanti, inverando la chiusa inquietante …… l’incontro di Roma con la natura può costituire piuttosto il primo atto di un nuovo dramma,  che si sta ancora svolgendo attorno a noi. Veramente, nel nostro mondo globalizzato dove la vendetta della natura comincia a farsi sentire, nonostante la persistente illusione di esercitare un controllo … tutto questo potrebbe suonarci non così sconosciuto. Il primato dell’ambiente naturale nel destino di questa civiltà ci avvicina ai Romani…. anche noi viviamo senza nulla sospettare del prossimo capitolo della storia … Del tutto fondato sulla convinzione che tra le basi della storia umana ci sia anche l’ambiente, il saggio si snoda attraverso secoli di storia Romana con un racconto percorso da fili che si intrecciano e si dipanano per mostrare come veramente le crisi ambientali con i loro due fattori costitutivi, cambiamenti climatici e malattie epidemiche, rappresentino le cornici di una narrazione che l’uomo crede di scrivere con le sue sole mani, e in cui invece deve cominciare a riconoscere la penna e l’inchiostro della natura.

LA STRUTTURA: DAI TITOLI AI CONTENUTI Incorniciate da un Prologo e da un Epilogo, ben 7 sezioni vanno a formare un disegno con una linea direttiva precisa e chiaramente riconoscibile dai TITOLI delle stesse, che con definizioni «a effetto» tracciano un racconto con un inizio e una fine. Da una prima panoramica sotto l’insegna di «Ambiente e impero», che pone i fondamenti della storia umana nei cambiamenti climatici e nelle malattie infettive, si individuano come «cornici» della narrazione 4 svolte decisive, riconoscibili nell’età di Marco Aurelio, in cui si verifica la prima pandemia; nella metà del III secolo d. C. ; tra la fine del IV e l’inizio del V sec. d. C. e nella rinascita dell’Oriente, contrassegnata da una epidemia di peste bubbonica. Prende avvio, a questo punto, l’originale e coinvolgente racconto storico che da quella che è definita «età più felice» giunge al «Giorno del Giudizio», passando attraverso «La vendetta di Apollo» che sfocia nella «Senectus mundi», la quale poi dalla «Fortuna volucris rota» viene riversata nel «Gran tino dell’ira di Dio». Al solenne inizio con l’ingresso del console Stilicone, celebrato dai versi del poeta Claudiano, giunto dall’Egitto nella città che aveva esteso il suo dominio sulla terra combattendo innumeri battaglie, la «madre delle armi e della legge» che aveva ingrandito il suo potere da sovrapporsi alla luce del sole, fa da contrappunto la figura del grande medico Galeno di Pergamo, per il quale Roma si rivela un laboratorio di umane sofferenze. E con lui ci si avvia in quella che viene definita «efflorescenza Romana», resa possibile da quell’Optimum climatico che, dal 200 a. C. fino al 150 d. C., porta Roma a estendere i propri confini su tre continenti attorno al Mediterraneo. Indicatori di tali condizioni ambientali favorevoli alla vita umana sono essenzialmente il caldo, l’umidità e la stabilità terrestre (vulcani e terremoti). Se ne evince chiaramente l’interdipendenza tra sistemi ecologici e imperiali, con la conseguente introduzione del paradigma della «resilienza» e la preparazione delle condizioni utili allo scoppio e alla diffusione della peste antonina, una creatura del caso, esito di millenni di esperimenti dell’evoluzione e delle condizioni ecologiche create dall’impero con le sue connessioni globali, nonchè la facilità delle comunicazioni e degli spostamenti da luogo a luogo di intere popolazioni. Una vera e propria vendetta di Apollo sembra allora essersi abbattuta su un’umanità che si è allontanata dagli dèi e che si trova ad affrontare una sfida della natura non dovuta al caso, ma creata dalla particolare ecologia microbica legata all’azione antropica stessa. E come alla crisi, punto di svolta di una malattia acuta, possono seguire la morte o la guarigione, così la ripresa dell’Impero si fonda su un nuovo equilibrio, con tensioni e armonie di diverso genere tra Stato e società, sullo sfondo imprescindibile di un ambiente che con le sue perturbazioni climatiche e le malattie epidemiche segna la transizione Tardo-Romana che per tre secoli interessa il mondo attorno al Mediterraneo. La variabilità solare, con il calo dell’insolazione e l’aumento del freddo, vede l’inaridimento di intere zone prima umide, come la Palestina e il Nord-Africa, in cui l’unica macchia di verde rimane l’Egitto, pur con l’irregolarità delle piene del Nilo: è questo il contesto in cui una nuova epidemia, la cosiddetta peste di Cipriano del III sec. d. C., attraversa l’Impero serpeggiando dall’Etiopia verso il Nord e verso l’Ovest. Si deve aspettare il IV sec. d. C. per scorgere nuove prospettive di giovinezza dopo l’Optimum dei primi due secoli e la siccità del III d. C. Il clima, infatti, riconquista una relativa stabilità per l’assenza di vulcanismi di rilievo e per l’elevata energia solare, ma soprattutto per la positività degli indici NAO (Oscillazione Nord Atlantica); non mancano, comunque, anche nel secolo nuovo le crisi indotte dal clima, come la carestia del 383 che vede contrapporsi Ambrogio e Simmaco relativamente all’ira degli dèi per la scomparsa dei sacerdoti pagani da Roma, negata dal primo e affermata con forza dal secondo; o ancora le epidemie di vaiolo, le gastroenteriti e le malattie respiratorie che colpiscono la popolazione e si diffondono anche per via dei frequenti spostamenti degli eserciti. Anche la nuova geopolitica segnata dall’ingresso della steppa euroasiatica nella storia dell’Impero Romano, d’altra parte, ha le sue radici in eventi ambientali particolari e connessi alla negatività dell’indice NAO, con la conseguente siccità che determina il movimento degli Unni, una vera migrazione alla ricerca di cibo per sopravvivere. Indimenticabile, infine, il racconto della «Morte Nera» con la sinergia tra reti umane, cambiamenti climatici ed evoluzione di agenti patogeni, fattori in mezzo ai quali ecco apparire la figura di quel Rattus rattus in cui vive il batterio della Yersinia pestis, la responsabile di una pandemia in grado di segnare il passaggio dall’Antichità al Medioevo con la distruzione delle ultime basi dell’ordine antico. Da vera e propria supernova batterica, la peste bubbonica del 541 d. C., infatti, vede il concorso di diversi fattori concomitanti che – dagli Altopiani dell’Asia con il batterio nell’ospite selvatico delle marmotte – grazie all’ecologia dell’Impero Romano con le sue infrastrutture, consentono al responsabile della malattia di insediarsi in quel Rattus rattus del cui sangue la pulce si nutre, arrivando così all’essere umano. Significativi a questo proposito i dati  relativi a luoghi, date e focolai, registrati e messi a confronto con cura e precisione attraverso tabelle di sintesi. E così ci si avvia alla fine, all’ombra dell’imponente figura di un Papa, che – come una sentinella a guardia del confine tra Antichità e Medioevo – ci si profila davanti allo sguardo in tutta la sua imponenza: è il grande Gregorio con la sua visione escatologica, diretta reazione all’esperienza di un ambiente naturale in emergenza, che ci dà a questo punto del racconto la certezza che il mondo sta vivendo le sue ultime ore. Sullo sfondo lugubre della catastrofe naturale, con piogge torrenziali in Occidente e peste che si avventa di luogo in luogo da Oriente, ecco la Piccola Glaciazione della Tarda Antichità, senza dubbio ambiente ostile al progetto politico dell’Impero Romano, che vive la sequenza finale della sua lunga narrazione. Due sono le visioni della natura che ora si fronteggiano: da una parte un modello di ordine e regolarità, con cui è necessario vivere in sintonia; dall’altro un antagonista da combattere, in quanto fonte di cambiamenti continui, nonché di varietà e violenza. Modello di riferimento per gli imperatori, che vedono rispecchiata la gerarchia di corte nell’ordine del cosmo, la natura si conferma sempre più un interlocutore con cui fare i conti, come dimostra l’operato di Giustiniano, che unì tra loro foreste e valli, legò il mare alla montagna. Sul confine invisibile di un cambiamento insospettabile, l’Impero Romano si avvia gradualmente verso la fine: lo sguardo tranquillizzante sugli eventi celesti, suggerito dal sant’uomo del racconto di Giovanni Mosco, non è in grado di mutare quel movimento escatologico destinato a travolgere una creazione secolare che ancora una volta vede la luce in Africa, nella lontana e favolosa Arabia felix nota ai mercanti, e che si inserisce in quel pensiero apocalittico a cui le condizioni ambientali e la nuova epidemia di peste aprivano le porte.

Prof.ssa Alessandra Silva

 

Autore: Pietro Li Causi
Titolo: Gli animali nel mondo antico
Casa editrice: Il Mulino
Anno: 2018

Qual era l’animale domestico più comune, dopo il cane, ai tempi dei Greci e dei Romani? E perché proprio la donnola? Quanti orecchini aveva la murena domestica di Druso? Ma più in generale, che visione avevano gli antichi degli animali?

Pietro Li Causi tratta questi temi e molti altri, dimostrando passione e conoscenza. Non c’è da spaventarsi se vedrete testi greci o latini, sono tutti già tradotti! Piuttosto siatene curiosi, perché grazie ad essi, presenti in gran quantità e degli autori più disparati, potrete avere una visione più ampia del mondo che tanto studiamo al liceo e che mai smetterà di farci sorprendere e riflettere.

Numerosi filosofi e letterati sono interpellati nel libro e gli argomenti trattati sono vari: la concezione di Greci e Romani riguardo ai fossili, il rapporto tra uomini e animali, l’opinione di pensatori che proponevano un approccio vegetariano al mondo, gli animali esotici e la nascita di creature fantastiche, nelle regioni meno esplorate, in bilico tra mito e realtà.

Se non siete ancora interessati a leggerlo spero almeno di avervi fatto nascere qualche domanda. Chissà, un giorno magari potreste trovarvi nella biblioteca della scuola e, spinti dalla curiosità, chiedere in prestito proprio questo libro.

 

Alessio Carati, 3FF scientifico

 

Autore: Eva Cantarella
Titolo: Gli inganni di Pandora
Casa editrice: Feltrinelli Editore
Anno: 2019

“Siamo abituati a pensare alla Grecia come alla culla della nostra civiltà. […] Eppure di questa eredità fa parte anche il modo in cui consideriamo il rapporto fra i generi: un lascito che ha superato i secoli e i millenni con tracce che continuano a pesare sulle nostre vite come macigni.”

L’uomo si è sempre interrogato sulla strana natura della donna.  Dal mito ai trattati medico-filosofici, i più grandi pensatori, medici e legislatori greci sono giunti ad affermare l’esistenza di malattie come quella dell’utero vagante, a giustificare stupri, a codificare le virtù femminili e addirittura a definire gli uomini come specie biologicamente diversa e superiore rispetto alle donne. Chissà a quante di queste avranno chiesto un’opinione.

Questo saggio analizza le radici profonde che ha la disuguaglianza di genere, mettendo in luce tematiche che spesso vengono solamente citate nei libri di testo, ma che sono state ampiamente documentate nella storia. Se a volte alcune credenze assurde possono strappare un sorriso durante la lettura il senso di queste è tutt’altro che divertente o leggero e ci mette in guardia verso l’artefice e l’alimentatore di queste norme sociali e pregiudizi: l’ignoranza.

Alice Papaianni 3FF scientifico

 

Autore: Federico Faloppa
Titolo: Brevi lezioni sul linguaggio
Casa editrice: Bollati Boringhieri
Anno: 2019

“Brevi lezioni sul linguaggio” è un libro di Federico Faloppa, un insegnante di Storia della lingua italiana e Sociolinguistica nel Dipartimento di Lingue moderne dell’Università di Reading in Gran Bretagna.

Il suo è un saggio di linguistica completo, dettagliato e molto preciso. Pur usando un lessico semplice e colloquiale, risulta essere simile una lezione universitaria e quindi in alcuni passi risulta un po’ difficile. Perciò lo consiglio agli studenti del secondo biennio e quinto anno.

Tratta l’argomento analizzandolo dal punto di vista culturale, storico, della semantica, dell’anatomia, dell’evoluzionismo e delle scienze cognitive; inoltre parte sempre da una o più domande (quali: cos’è una lingua?; In che cosa, linguisticamente, noi esseri umani siamo così diversi?; Nasciamo già predisposti al linguaggio o lo apprendiamo per via culturale?) e attraverso i brevi capitoli guida il lettore alla risposta.

È interessante poiché espone aspetti del linguaggio che non vengono analizzati a scuola e potrebbe anche aiutare nella scelta dell’università.

È molto attuale e invita alla riflessione su elementi ai quali, forse perché li usiamo quotidianamente, non prestiamo la dovuta attenzione.

 

Matilde Molteni, 3aa

 

Autore: Davide Mosca
Titolo: Breve storia amorosa dei vasi comunicanti
Casa editrice: Einaudi
Anno:2019

“Due occhi bastano per vedere la bellezza, ma ne servono quattro per viverla”.

“Breve storia amorosa dei vasi comunicanti” è una bellissima e concreta storia d’amore, un romanzo davvero speciale non per ciò di cui parla ma soprattutto per come lo racconta. Dimostra come per cadere verso il basso basti un nulla mentre per risalire dal baratro occorra tantissima forza di volontà e coraggio. Nel dettaglio lo fa descrivendo due disagi fisici del tutto opposti (lui è bulimico e lei è anoressica) che vengono superati dai due protagonisti, Margherita e Remo, grazie al trarre forza l’uno dall’altra. Un libro stupendo che apre mente e cuore ,adatto ad ogni tipo di lettore.

FRANCESCA CAMARDELLA 3FF scientifico

dicembre 2019

Autore: Dino Buzzati
Titolo: Poema a fumetti
Casa editrice: Mondadori
Anno: 2017

Esattamente 50 anni fa, nel 1969, veniva pubblicata in Italia  per la prima volta una graphic novel!  

Dino Buzzati, scrittore e pittore bellunese, naturalizzato milanese, giornalista poligrafo, pur ombroso montanaro nel cuore, aveva cominciato a progettare questo romanzo a fumetti nel 1965, ambientando nel labirinto  infernale della sua città di adozione la storia di due contemporanei Orfeo ed Euridice.

Un mito che non può non commuovere chi vi si imbatte, nelle sue numerosissime rivisitazioni, dallo struggente racconto virgiliano al dialogo pavesiano, ma che  muove anche a riflettere sulle grandi tematiche dell’uomo: il rapporto con la morte, l’amore, la potenza dell’arte.

Buzzati vi innesta da un lato il suo surrealismo onirico, dall’altro il suo malinconico avvertimento del mistero, il presentimento costante di una fine minacciosa, entrambi  tratti fondandamentali della sua fertile produzione narrativa.

Alla fine, però, il lettore ha una sorpresa: qualcosa che sfugge ad ogni calcolo, … come la perla de Il colombre.

S.Z.

Autore: A. Zaccuri
Titolo: Come non letto
Casa editrice: Ponte alle Grazie
Anno: 2017

Il critico Alessandro Zaccuri in 10 brevi capitoli tratta con trasporto di altrettanti classici moderni evidenziandone le tematiche fondamentali e ponendoli come guida per una vita più completa.

Ad esempio, “I Promessi Sposi” tratta dell’Italia, “Il Conte di Montecristo” del tema della vendetta, “Moby Dick” del mistero e così dicendo.

Il testo offre inoltre una diversa e alternativa chiave di interpretazione per ciascun’opera, aiutando a riscoprire il piacere della lettura dei classici.

Il libro nasce dai piccoli incontri pubblici indetti dall’autore, che “sanciscono un’alleanza tra letteratura e solidarietà”: infatti “Come non Letto” è stato, fin dagli inizi, il nome di questo piccolo progetto solidale a favore dell’Associazione Nocetum di Milano.

In un tempo in cui non ci fermiamo per leggere e riflettere, questo piccolo saggio ci spinge ad affrontare quei tomi che ci hanno sempre scoraggiato, un po’ per la loro lunghezza, un po’ per la noia.

In conclusione, questo piccolo libro è consigliato a chi vuole leggere i classici con occhi nuovi e farne tesoro.

Buona lettura!!

Studenti di 3cc

febbraio 2019

Autore: Antonia Pozzi
Titolo: Desiderio di cose leggere
Casa editrice: Salani
Anno: 2018

Solo perché amava veramente la parola poetica Antonia visse così drammaticamente il fatto di non essere capita e di non saperne dire il motivo da arrivare a togliersi la vita nel momento in cui si accorse che non aveva più voce, che nessuno capiva l’affetto e il desiderio di riconoscersi in unità con quel “tu” a cui cercava di dire quelle cose che sapeva. Con tremore, pertanto, mi accingo a scrivere queste righe: so che è incolmabile la distanza che mi separa da chi è stata chiamata a fare, di quel limite umano che è la parola, la ragione e il senso della sua esistenza.

Per non tradire, quindi, il respiro d’amore che anima ogni pagina davvero pagata di persona, non cogliendo quello che il solo significato delle parole non può dire, cerco di leggere nel bianco tra le righe le parole non dette che non chiedono altro che di essere accolte e ‘scaldate’ per rendere possibile l’incontro con chi ha avuto in dono il compito “difficile, ma vivo” di scrivere.

Un’antologia delle poesie che segnano i diversi momenti della vita di Antonia: queste pagine ci accompagnano in punta di piedi in un mondo dove le gioie e i dolori colorano le ore della giornata di un’adolescente che si va facendo con il passare del tempo giovane donna, traboccante di un desiderio di vivere immenso, che la realtà esterna tuttavia non comprende e non accoglie, ma soffoca in diversi modi.

Con la freschezza dei suoi 17 anni, ecco allora il racconto delicato delle amicizie appena sbocciate e degli affetti più cari: sullo sfondo le incantevoli descrizioni di paesaggi dove brilla il sole o la luce delle stelle rischiara le tenebre, ma anche ricordi di quand’era bambina e – mentre era con il padre su una delle sue amate montagne – nelle sue gambe sentiva lo scorrere della vita “ardendo” per il desiderio di scattare fuori, /nell’invadente sole per raccogliere  /un pugnetto di more da una siepe

È l’amore, poi, a invadere Antonia proprio quando si sta affacciando alla vita che sboccia prepotentemente in lei: già nel 1929-1930 numerose sono le poesie che ‘raccontano’ questo sentimento che le fa dire di essere un’anima aggrappata al proprio amore.

Con la stupenda In riva alla vita si apre quindi l’anno 1931, ricco di pagine che si leggono e rileggono trovando ogni volta qualcosa di nuovo e che commuove; si continua con il grido che invoca un aiuto in apertura del 1932, mentre il pensiero corre alla cara cinghia che racchiudeva i libri di scuola – un ricordo veramente unico – mentre lo scorrere dei mesi e delle stagioni segna le pagine dell’anno successivo, quel 1933 in cui fu drasticamente troncata da forze esterne la sua relazione con l’amato Antonello. In questa sezione Antonia può davvero soffertamente dire allora hai voce /tu in me – /con quella nota /ampia e sola /che dice i sogni sepolti /del mondo, l’oppressa /nostalgia della luce.

Incornicia quindi con la poesia che dà titolo al libro l’anno 1934 perché  il cuore pesa come pietra dentro una barca e solo la poesia può essere la voce più profonda che sa dire il più dolce di tutti i canti e aiutare a trovare il paese abbandonato, il senso di una vita che si va cercando con occhi di pianto camminando lungo un sentiero esile sulla montagna che l’ha vista e accolta bambina nel suo grembo d’erba, fino a un cancello socchiuso che non si ha il coraggio di aprire e di varcare: per questo se è tua /questa che è più di un dolore

/gioia di continuare sola /nel limpido deserto dei tuoi monti /ora accetti /d’esser poeta

Le montagne occupano quindi le pagine degli ultimi anni, tra voci di donne e volti che s’intrecciano tra i rami e le strade delle vie di Milano, mentre in un mattino in riva al lago azzurro della vita un favoloso silenzio inonda la stanza in cui Antonia, priva ormai di quella vita che tanto amava ma che nessuno ha saputo condividere con lei, riposa per sempre in pace nel mondo tanto sognato in cui l’angelo l’ha finalmente accompagnata.

E, sulle labbra chiuse ancora risplende…

… l’indistrutto sorriso dei (suoi) anni.

Alessandra Silva

 

gennaio 2019

Autore Gaia De Pascale
Titolo: Come le vene vivono del sangue
Casa editrice: ponte alle Grazie
Anno: 2016

    “E vivo della poesia come le vene vivono del sangue” – così scriveva Antonia all’amico Tullio Gadenz il 29 gennaio 1933, anno in cui la sua produzione poetica fu particolarmente abbondante proprio perché solo la poesia le consentiva di trasfigurare il dolore immenso provocato dalla rottura della relazione amorosa con Antonio Maria Cervi. E Tullio è anche l’amico che in quei giorni di disperazione cercò di strappare Antonia dall’abitudine di sostare ai cancelli, tanto della vita quanto della morte, quella morte che nel libro la voce narrante – Antonia stessa sospesa tra la vita e la morte – definisce “bianca”, come d’altra parte il colore delle sue poesie.

All’insegna del bianco, infatti, si apre questo meraviglioso romanzo che, nel silenzio immacolato della neve caduta quattro giorni prima, fa risuonare fin dalle prime righe il suono “forte e ovattato” di un’autoambulanza, quella che sta portando in ospedale il corpo della poetessa che ha scelto di porre la parola “fine” alla sua infelice vita.

Ma subito, ecco spuntare la macchia rossa dei papaveri, gli stessi che custodivano i segreti di Antonia e Dino, che in un’estate ormai lontana si erano distesi tra l’erba dello stesso campo, in cui quei fiori protendevano superbi i loro steli flessibili. Proprio in questo luogo la poetessa ha guardato per l’ultima volta il cielo bianco in alto e l’abisso oltre la terra in basso, inginocchiandosi e cercando un saluto che assomigliasse a una preghiera: era arrivato il giorno quando accadrà che senza ritorno /io me ne debba andare… (Novembre, Milano 29 ottobre 1938)

Eppure, come dice nella medesima poesia, di Antonia nel mondo è rimasta davvero un’esile scia di silenzio / in mezzo alle voci / un tenue fiato di bianco / in cuore all’azzurro.

E’ l’esperienza che le pagine di questo romanzo offrono a chi con umiltà sa accostarsi a esse per conoscere questa poetessa delicata e fragile, ma tenacemente avvinghiata alla poesia, che si dona soltanto a chi con occhi di pianto / si cerca: una lettura affascinante e coinvolgente, che regala momenti di intenso sentire così che alla fine veramente si può dire che “Antonia” si avvera e, dopo che si è voltata l’ultima pagina, si incomincia a sentirne la mancanza.

Contrassegnati solo da un numero cardinale in ordine progressivo, gli agili capitoli di questo libro ci conducono in punta di piedi nel complesso mondo di una giovane donna dei primi decenni del Novecento innamorata della cultura e della vita, consapevole che è necessario portare in noi qualcosa d’altro da noi, qualche cosa con cui si possa parlare e pregare, in cui si possa credere oltre noi stessi. Ci sono voluti 26 anni, quelli della sua breve vita, per riuscire ad avere questo: ed ecco che la morte, l’unica realtà in cui ella può sorridere a quella luce bianca che la culla e che consegna tutte le cose a un’altra realtà in cui non esiste la rinuncia ma solo una continua tensione verso l’infinito.

Tutto il racconto oscilla tra presente e passato attraverso analessi suscitate da sensazioni del presente, mentre Antonia da un freddo letto d’ospedale in cui aleggiano vapori di lisoformio e altri disinfettanti, ormai in cammino verso il cielo, ripercorre momenti di gioia e di dolore della sua vita.

Significativo è il fatto che molti episodi richiamano molto da vicino le poesie, utilizzando a volte quasi le stesse parole; d’altra parte, la capacità dell’autrice di comprendere il vissuto di Antonia e di partecipare al mondo dei suoi sentimenti e delle sue emozioni è sorprendente, segno di una profonda vicinanza maturata attraverso letture attente e capaci di accogliere e “scaldare” nel cuore non solo le parole di poesie, diari e lettere, ma anche le immagini e i quadri di vita delle fotografie, da cui stagliano in tutta la loro bellezza le montagne, ma anche i volti di quei bambini con gli occhi tondi di passeri che la guardano al di là del cancello …

… un miracoloso incontro, nella magia delle parole: ecco il “dono” meraviglioso che la lettura di questo libro offre a ogni lettore disposto ad ascoltare la voce donata a una giovane donna che è stata chiamata a fare, di quel limite umano che è la parola, la ragione e il senso della sua esistenza, cercando di non tradire mai il respiro d’amore che anima ogni pagina.

Alessandra Silva

 

ottobre 2018

Autore G. Sgardoli
Titolo L’isola del muto
Casa editrice San Paolo
Anno di edizione 2018

“Sono storie che non ti abbandonano, anche se le hai finite. Parlano di chi le legge”: così risponde Dag nelle ultime pagine del romanzo alla zia che gli chiede suo parere sui libri da lei scritti. E ancora “I libri ci spiegano le cose, ne danno una ragione, ci raccontano chi siamo veramente. Ecco perchè certe storie parlano e restano incollate a chi le legge”.  Questo è ciò che accade quando, arrivati all’ultima pagina, il libro si chiude lasciando negli occhi del lettore il profilo di quell’isola incantata che ha dato vita alle storie incredibili ma vere di una “famiglia” che un giorno lontano lontano nel tempo, un uomo solo e del tutto isolato dal mondo aveva scommesso di poter creare con una donna altrettanto sola e priva di legami con la realtà e l’umanità. Sono, infatti, proprio Arne e Gunhild, il primo sfigurato in volto, durante la guerra del 1812 tra Inghilterra e Norvegia, da una palla di cannone che lo ha anche reso sordo, l’altra incapace di relazionarsi con coloro che la circondano, anche i suoi stessi familiari, a unirsi in matrimonio salvandosi a vicenda e dando origine a quella che diventerà una famiglia talmente numerosa che alla fine l’albero genealogico ricostruito dagli ultimi discendenti risulta davvero complesso e incredibile se si pensa al “seme” da cui è germogliato.

D’altra parte, alla fine si scopre che a scrivere il romanzo è stato proprio quel Dag che è anche l’ultimo abitante dell’isola, morto nel 2016; e l’aveva scritto ascoltando ciò che l’isola aveva da dirgli riguardo agli uominiche erano stati capaci di accettare le sfide poste sul loro cammino rendendo vivo e immortale un pezzo di roccia abbandonato tra le acque dell’oceano. E chi ancora oggi sa ascoltare, passando nei pressi di quello Scoglio può udire una voce antica, la stessa che si leva dalle pagine del libro imprigionando chi ne intraprende la lettura e che riesce a disegnare  gli incantevoli paesaggi di una Norvegia ancora incontaminata, da cui si sprigionano profumi avvolgenti di fiori dai nomi sconosciuti mescolati al rumore delle onde di un mare freddo, ma meravigliosamente tinto di tutte le sfumature dell’azzurro.

Trasportati dall’onda di una scrittura capace di far vedere quello che racconta, possiamo accompagnare i diversi personaggi nei diversi momenti della loro vita: dalle prime giornate di duro e aspro lavoro di guardiano del faro di Arne Bjorneboe, immerso nella solitudine e nel silenzio più completo per via della sua sordità e del fatto che è l’unico abitante dell’isola, in una casa povera e rustica, buia e poco curata, alle novità che solo la sensibilità di una donna può portare nella quotidianità dell’esistenza, a partire da quei piccoli dettagli che rendono un’abitazione più gradevole allo sguardo per arrivare alla nascita di una nuova vita.

Ecco allora che dai primi tre figli si dipana un lungo filo che unisce senza mai spezzarsi tanti altri uomini, dai caratteri diversi ma con qualche tratto che ne richiama gli antenati: la durezza mite di Arne, la dolcezza tranquilla di Gunhild, ma anche la loro capacità di accettare tutto ciò che la vita offre, gioie e dolori, sofferenze immense e felicità insperate. Con loro si ripercorrono i passi compiuti dall’uomo nel suo lungo viaggio nel tempo, confrontandosi con problemi ancora attuali: la violenza sulle donne e le loro lotte per il riconoscimento di diritti fondamentali, l’evoluzione tecnologica e il rapporto dell’uomo con le macchine, la disoccupazione e l’emigrazione, la lotta per la libertà e i rapporti con la legge, il disadattamento, i legami parentali e l’adozione….

E su tutto, la luce del faro prima alimentata da grasso di balena e poi dalla corrente elettrica, a sorvegliare e proteggere uomini impegnati nella quotidiana lotta per la vita… perchè, “sapete cosa sosteneva Democrito? Che non si può comprendere l’infinitamente grande senza conoscere l’infinitamente piccolo. Non mi è concesso capire il senso dell’uomo se non capisco e conosco il senso mio. Ma per realizzare questo non posso restare un contemplatore estraneo. Devo tendere a essere un organo del mondo, un frutto della terra e del sole”.

Forse, il pesce d’osso che il piccolo Tobias trova esplorando l’isola, al termine dell’avventura della ormai numerosa famiglia del vecchio ma mai dimenticato Arne, è proprio il tesoro che ognuno di noi cerca e che così bene esprime la voce di Elise nel momento in cui il fratello le chiede un consiglio sulla direzione da dare alla sua vita: “Resta bambino, se puoi, stupisciti del mondo”. Il pesce d’osso del piccolo Emil, nella fessura del terreno da cui era caduto, aspettava che il bambino che l’aveva perduto tornasse a riprenderlo: così è stato, e la voce di un passato lontano, la leggenda tramandata da generazioni ha finalmente mostrato quel disegno misterioso che ogni vita realizza. Anche la tua…

Silva Alessandra

Autore K. Hannah
Titolo Il grande inverno
Casa editrice Mondadori
Anno di edizione 2018

Un mondo davvero “remoto” è quello che si apre davanti al nostro sguardo quando ci immergiamo nelle pagine dell’avvincente romanzo di Kristin Hannah in cui l’inverno con il suo mistero comincia a farla da padrone fin dalle prime righe, quando ai tre protagonisti si spalancano le porte di quel luogo d’incanto -che forse si trova solo nei libri- che si rivela essere la sconosciuta e affascinante città di Kaneq. Ed ecco allora che se ci si lascia andare all’onda dell’avvincente musica suonata dalle parole, che con il nero dell’inchiostro riempiono di vita nuova il bianco delle pagine, non si può fare a meno di essere trasportati in quell’avventura che comincia da questo momento a diventare la vita di Ernt, ma soprattutto di Cora e Lenora (Leni per tutti). Incredibilmente vive e ricche di pathos, ma anche di vitalità e commovente lirismo, le descrizioni in cui si respira la passione con cui la storia è stata vissuta prima che raccontata, o meglio è raccontata proprio perché incarnata in un’esperienza unica e irripetibile. Dallo stupore iniziale per un mondo che appare duro in tutta la sua asprezza ed essenzialità, si viene accompagnati per mano nelle laboriose ore di giornate di una famiglia “speciale”, giornate che sembrano non avere mai fine e in cui si assiste alla fatica dell’uomo che tenta di conquistarsi la terra in cui ha scelto di vivere, lontano da quella che tutti chiamano “civiltà”, ma che in realtà tale non è date le azioni che vi si compiono ogni giorno. Ma quello che salva è la solidarietà tra uomini che si riconoscono tutti bisognosi di aiuto e che non pongono al primo posto il successo personale e il predominio sull’altro a ogni costo per affermare la propria superiorità: solo in un posto del genere è possibile riscoprirsi veramente “amici” e condividere passioni come la lettura, ma anche il lavoro dei campi o la pesca o la cura della casa, nel rispetto quasi religioso di quella natura che è sì prodiga di doni, ma che da un momento all’altro può togliere tutto. E se nel mondo di tutti, magari per qualche adolescente la scuola non è altro che un peso, in questa lingua di terra che si immerge nel mare lo studio rivela tutta la sua bellezza e si è disposti a compiere sacrifici impensabili altrove per frequentare le lezioni. Anche i sentimenti più preziosi e delicati, quale l’amore, possono nascere e fiorire in tutta la loro purezza e leggerezza se si è disposti a lasciare cadere le “maschere” che si è soliti indossare in quella che si considera una società evoluta.

Davvero un piacere leggere queste pagine incantevoli, con il desiderio di conoscere una storia di dolore e amore condividendo la sofferenza di uomini tesi a difendere la propria libertà nel cammino dell’esistenza, ma soprattutto sognando i meravigliosi paesaggi che solo una penna sapiente e appassionata può essere in grado di descrivere con tanta maestria e concretezza, così da renderli veri e farli apparire davanti ai nostri occhi.

Silva Alessandra

giugno 2018

Autore F. Rampini
Titolo L’età del caos
Casa editrice Mondadori
Anno di edizione 2015

Gli Stati Uniti, l’Italia, lo Stato Islamico, la Germania, l’India, la Cina e tanti altri Stati in un’età di transizione, in cui i vecchi equilibri crollano ma non esistono ancora quelli nuovi, in un vuoto riempito dal caos e dalle connessioni superveloci, sono l’argomento di questo testo.

La situazione politica, quella  sociale e quella  economica di una grande parte del mondo sono descritte in questo libro con la puntualità e il rigore che solo un giornalista che ha viaggiato e toccato decine di realtà diverse può avere; puntualità e rigore che tuttavia non appesantiscono l’avanzare del discorso, che rimane molto interessante dalla prima all’ultima pagina, anche grazie a notizie di rilievo e interessanti sulle diverse situazioni in diverse parti del mondo lontanissime fra loro.

Una visione globale ma molto precisa della situazione geopolitica del nostro mondo colto in un momento più che mai delicato come quello in cui viviamo, vivamente consigliato agli appassionati della materia ma anche a chi vuole provare a capire qualcosa in più di questa epoca, dell’età del caos.

Federico Monti

Autore E. Boncinelli
Titolo I nostri geni
Casa editrice Einaudi
Anno di edizione 1998

Un libro incentrato sulla biologia, sulle sue basi genetiche e sulla biologia molecolare, ma non per questo comprensibile solo a chi se ne intende o è particolarmente interessato all’argomento.

Il testo procede infatti con un’esposizione piuttosto esaustiva, ma comprensibile, seppur magari con qualche difficolta per i biologi “in erba”, toccando principalmente tre argomenti: i geni spiegati nella loro struttura, funzioni e disfunzioni, la genetica negli ultimi anni e come ultima parte una trattazione sull’espressione genica.

Altro punto notevole del testo è la tendenza all’imparzialità dell’autore nel giudizio sugli argomenti trattati e sulle terapie descritte, anche nei punti più caldi raggiunti dalla genetica in questi ultimi anni.

Un libro consigliato quindi a chi vuole approcciarsi allo studio della biologia, ma anche per chi conosce già parecchio in questo campo: le ampie conoscenze dell’autore offrono infatti approfondimenti anche per i più esperti.

Federico Monti

 

 

Autore: Apuleio
Titolo: Favola di Amore e Psiche
Casa editrice: Leone
Anno: 2013
“C’erano una volta in una città un re e una regina. Avevano tre bellissime figlie ma, se le due maggiori, per quanto belle, era possibile descriverle con un linguaggio umano, la bellezza della più giovane era così straordinaria e sensazionale che non esistevano parole tali da renderle giustizia”

Per ammirare Psiche, tale infatti era il nome della fanciulla, giungevano persone da ogni luogo e le portavano doni preziosi. La ragazza aveva una tale fama e un tale rispetto che alcuni arrivavano addirittura a chiamarla “la nuova Venere” e di giorno in giorno cresceva l’invidia di Venere nei suoi confronti.

Mentre le due sorelle maggiori erano già unite a ricchi e nobili sposi, Psiche rimaneva sola. Così i genitori, preoccupati, dopo essersi rivolti all’oracolo avevano appreso della triste sorte della figlia: era destinata a sposare un tremendo e misterioso mostro alato, temuto persino da Giove. Guidata dall’amabile soffio dello Zefiro la fanciulla giunge in una reggia tanto mirabile da non poter essere opera di nessun umano e lì, nel buio della notte, incontra il misterioso marito, con una sola regola: non può assolutamente conoscerne l’aspetto né l’identità.

 

La favola rappresenta il destino dell’anima (psiche in greco vuol dire anima) che cerca invece di svelare proprio quel mistero che non le è concesso di svelare in un atto di tracotanza che dovrà espiare attraverso una serie di prove e umiliazioni prima di congiungersi al divino consorte, l’Amore.

Dall’unione dell’anima e dell’amore nascerà poi Voluttà, il piacere.

 

 

Sofia Ciccarelli

 

 

Autore Shady Hamadi
Titolo Esilio dalla Siria
Casa editrice ADD Editore
Anno di pubblicazione 2016

La Siria è un paese in guerra da molto più tempo di ciò che pensiamo e Shady Hamadi ne racconta i problemi attraverso le sue esperienze personali, quelle dei suoi familiari, il suo esilio e le sue conoscenze. L’autore attraversa la storia del paese, ricca di elementi che preannunciano la crisi (come le divisioni interne e la feroce tortura messa in atto dai leader siriani), e spiega i motivi che hanno portato a tante lotte interne al paese siriano, fino a giungere alla storia e alle problematiche attuali. Inoltre Shady Hamadi racconta il suo impegno e le sue proposte per risolvere i problemi del suo paese anche attraverso molte riflessioni, che spera possano aiutare a far luce su questi avvenimenti di attualità.

Soad Magd

Autore Rainer Maria Rilke
Titolo Lettera a un giovane poeta, lettera a una giovane signora, su Dio
Casa editrice Edizioni clandestine
Anno di pubblicazione 2014

Lettere a un giovane poeta” sono lettere realmente scritte da Rilke al giovane Kappus fra il 1903 e il 1908 e pubblicate nel 1929. In questi scritti Rilke consiglia il poeta non solo su come scrivere ma anche su come vivere: “C’è un ‘unica via da percorrere. Penetrate in voi stesso. Indagate la ragione che vi spinge a scrivere, esaminate se essa estenda le sue radici nel più profondo antro del vostro cuore, chiedetevi se, qualora vi fosse impedito di scrivere, sareste pronto a morire”.

Nelle “Lettere a una giovane signora” l’autore riflette sulla guerra, del rapporto con gli altri e in particolare quello tra i due sessi e delle paure degli uomini, calandosi in un contesto realistico e attuale. Infine esprime il rapporto che ha con Dio come un rapporto diretto: “Potrei parlare con Dio, non ho bisogno di nessuno che mi aiuti a comporre lettere a lui”.

Soad Magd

 

 

 

Autore Valerio Massimo Manfredi
Titolo Idi di marzo
Casa editrice Mondadori
Anno d pubblicazione 2008

Romae , Nonis Martiis, hora prima

Roma, 7 marzo, le sei di mattina

Da ormai quasi quattro anni Cesare è il signore indiscusso di Roma anche se la Res Pubblica è lungi dall’essere pacificata; dalla Spagna le notizie non sono incoraggianti, i sostenitori di Pompeo non paiono aver intenzione di rinunciare ai loro ideali repubblicani , così come molti senatori che vedrebbero diminuire drasticamente ricchezze e potere  se il dictator diventasse imperatore.

Addirittura il grande Cesare risulta provato dalla situazione poiché ormai deve continuamente guardarsi le spalle e muoversi alla cieca tra una moltitudine di volti e sorrisi indecifrabili  che potrebbero nascondere potenziali traditori. Partire?  Lasciare Roma e dedicarsi ad una nuova campagna militare?

Non importa se i nemici sono i Parti, se l’impresa è titanica, se il rischio di non tornare è elevatissimo.

Questo è il lato di Cesare che Manfredi propone, un dictator, che dopo aver dedicato la propria vita ad ottenere il comando assoluto sulla città eterna agogna di fuggirle, perché, in fin dei conti,  è sempre stato un comandante prima che un politico e solo l’acies può trasmettergli la sensazione di potenza che brama.

Così tra trame, tensioni e desideri di evasione si intrecciano le vicende dei fedelissimi Silio e Publio Sestio Bastione , impegnati in una  corsa verso il tempo per fermare  un  evento  che  rimarrà  nella  storia …

Francesca Arosio

 

Autore Fëdor Dostoevskij
Titolo Delitto e castigo
Casa editrice Garzanti
Anno 1992

Durante un’afosa estate a San Pietroburgo il giovane Rodion Romanovič Raskol’nikov, compie due omicidi: prima uccide un’avara signora anziana e subito dopo la sorella giunta sulla scena del delitto. Poi Raskol’nikov   si ammala di febbre cerebrale e non degenera solo la sua salute fisica ma soprattutto quella psicologica, infatti il protagonista viene invaso da uno stato di angoscia, tormento e solitudine. Quando Raskol’nikov è malato resta costantemente al suo fianco la giovane Sof’ja, che davanti ad una situazione di povertà è costretta a prostituirsi per mantenere sé e la sua famiglia. La fede e la speranza tanto profonda di Sof’ja spingono il protagonista a dichiarare i suoi crimini e l’amore sincero di lei segue Raskol’nikov fino alla sua condanna. Seguiamo i pensieri veloci precedenti alle uccisioni quando Raskol’nikov vaga per la città osservando diversi tipi di persone ed esprimendo la sua ostilità sociale; movente del duplice delitto. Il terrore di ciò che ha commesso, la preoccupazione di essere scoperto e il supplizio davanti alla consapevolezza di essere un omicida affliggono Raskol’nikov per tutto il romanzo.

“Una cupa sensazione di tormentosa, sconfinata solitudine e di distacco da ogni cosa si fece d’un tratto chiara all’animo suo […] E, cosa più tormentosa di tutte, era quella piuttosto una sensazione che una consapevolezza, che un concetto; una sensazione immediata, la più tormentosa di quante mai ne avesse fin allora provate nella sua vita”

Ogni incontro di Raskol’nikov è con un personaggio distinto da un’aurea negativa riguardante la sua interiorità o la sua situazione di vita, ma soprattutto questo spettro d’ostilità è dato dagli occhi di Dostoevskij stesso che critica la società russa contemporanea. Vengono inoltre affrontati temi come la vita familiare, l’ateismo e il capitalismo.

Laura Vidotto

 

Autore Herman Hesse
Titolo Siddharta
Casa editrice La biblioteca di Repubblica
Anno 2002

Questo romanzo segue il corso della vita del figlio di un brahmino in India, che abbandona la casa paterna per trovare il suo nirvana.

Siddharta e l’amico d’infanzia Govinda si stabiliscono dai Samana, monaci che vivono con poco e che imparano a immedesimarsi con tutto ciò che incontrano, ma successivamente lui e Govinda decidono di andare a vedere il Buddha Gotama, alla setta del quale Govinda decide di aggregarsi.

Siddharta rimasto solo, soggiorna presso la bellissima e persuasiva Kamala, dopo diversi anni però capisce che lo stile di vita di Kamala è sbagliato e scappa. Kamala abbandonata dall’uomo che ama porta in grembo un figlio destinato a chiamarsi come il padre.

Poi Siddharta si imbatte in un barcaiolo che gli insegna l’essenza dell’acqua, mostrandogli il proprio spirito, come se il fiume fosse un’entità viva. Kamala deve attraversare il fiume con il figlio, ma un morso di serpente la uccide e Siddharta riconosciuta la donna cresce il figlio da solo. Questo figlio diventerà l’antagonista dell’eroe che è il suo contrario. Infatti dopo anni di sofferenza il figlio scappa, ciò induce Siddharta a pensare a quando anche lui aveva abbandonato suo padre e al dolore che gli aveva sicuramente procurato. Ascoltando la voce del fiume, tuttavia, il dolore di Siddharta si placa e ottiene una maggiore comprensione del mondo e di se stesso. Il libro si conclude con l’incontro tra Siddharta e Govinda, questo non riconosce l’amico invecchiato e cambiato, ma s’inchina quando capisce che Siddharta è anch’egli un Buddha ed è ormai unito all’ātman (l’anima del mondo).

È considerato un ‘poema indiano’ che fonde lirica, epica, narrazione e meditazione.

L’acquisizione della vera sapienza giungono nel momento di massimo coinvolgimento di Siddharta nelle cose terrene, al massimo livello di autocoscienza.

“Ecco quel che vedeva: quest’acqua correva correva, sempre correva, eppure era sempre lì, era sempre e in ogni tempo la stessa, eppure in ogni istante un’altra! Oh, chi potesse afferrar questo mistero, comprenderlo!”

 

                                                                                                                                  Laura Vidotto

 

Autore: A. Conan Doyle
Titolo: Il mastino dei Baskerville
Casa editrice: Mondadori
Anno: 1990

Ne “Il mastino dei Baskerville”, romanzo di sir Arthur Conan Doyle, viene narrata la vita e la leggenda legata alla residenza Baskerville Hall, residenza della famiglia Baskerville.

Il penultimo successore della famiglia, muore di crepacuore nel bel mezzo della brughiera.

Non lontano dal suo corpo vengono ritrovate delle immense orme che pare siano di una bestia feroce, una bestia che perseguita da sempre tutti gli eredi della facoltosa famiglia.

A indagare su questi misteriosi eventi, troviamo, come sempre, l’investigatore Sherlock Holmes e il suo insostituibile Watson.

A vigilare, invece, sulla vita dell’ultimo discendente della tenuta, Sir Henry Baskerville, sarà solo Watson che informerà Holmes, tramite delle lettere, su tutti gli avvenimenti della famiglia.

Nel romanzo Holmes appare in meno della metà del libro ma è come se la sua presenza aleggiasse in ogni pagina.

Watson per risolvere il caso attinge a piene mani dal suo mentore utilizzando i suoi metodi e cercando di pensare come lui.

Sherlock Holmes, il grande assente del romanzo più famoso dello scrittore, sembra quasi camminare fianco a fianco a Watson, ad istigarlo a trovare la verità, a scoprire l’intrigato mistero che si cela dietro il mastino dei Baskerville.

Tuttavia è solo una domanda che aleggia in tutte le pagine della storia del nostro scrittore: il gigantesco mastino esiste veramente o è solo frutto delle credenze popolari del luogo?

Giulia Vergani

 

Autore: O. Wilde
Titolo: Il ritratto di Dorian Gray
Casa editrice: Mondadori
Anno: 1982

Il Ritratto di Dorian Gray ” è l’ opera più famosa di Oscar Wilde ed è considerato il romanzo simbolo del decadentismo e dell’estetismo. Scrittore, saggista, giornalista, drammaturgo e poeta, questo estroso autore irlandese si configura come uno dei più importanti della letteratura britannica dell’ottocento.

Il romanzo celebra il culto della bellezza, l’ ideale dell’esistenza vissuta come se fosse un’ opera d’ arte, e rappresenta fedelmente le convinzioni di Wilde, fervente portavoce di ideologie anti-conformiste e anti-vittoriane.

Il protagonista del romanzo, ambientato nella Londra del XIX secolo, è Dorian Gray, giovane aristocratico di straordinaria bellezza che desta interesse particolare nel pittore Hallward, che ispirato da tanta armoniosità e purezza decide di fargli un ritratto.

Nel frattempo Dorian incontra, proprio nello studio del pittore, Lord Wotton, personaggio carismatico, affascinante, che cattura l’ attenzione del giovane e innocente Dorian. La sua visione cinica ed edonista della vita, i suoi aforismi pungenti e provocatori, conquistano subito il ragazzo.

Dopo una lunga conversazione con Henry, Dorian capisce l’ importanza di vivere una gioventù all’ insegna della ricerca smodata del piacere, qualunque esso sia, che lo porta a desiderare di restare eternamente giovane, proprio come rappresentato nel ritratto di Basil. Ed è così che Dorian stringe una sorta di patto con il demonio.

Rimarrà per sempre giovane, e il ritratto mostrerà i segni della decadenza fisica e morale di Dorian. Ma le conseguenze saranno tanto imprevedibili quanto tragiche. Dopo una storia d’amore con un’attrice che si suicida, Dorian avvizzito dai sensi di colpa, cambia il suo modo di vivere e cerca di celare la sua bellezza nascondendo il quadro in soffitta.

Il senso di sconfitta morale continua a tormentarlo a tal punto che un giorno decide di trafiggere la tela del suo dipinto con lo stesso coltello con cui aveva ucciso il suo amico pittore che, attraverso un’opera così superba, gli aveva reso la dannazione eterna. L’essenza del quadro però sembra strettamente correlata a quella di Dorian che subisce una sorte simile. Dunque dalla sua sfida diabolica alla giovinezza eterna, Dorian uscirà sconfitto, schiavo di un assurdo desiderio di far coincidere l’arte con la vita. Ed è così che secondo Oscar Wilde ne “Il ritratto di Dorian Gray”, l’arte e la vita, così come l’arte e l’amore, il palcoscenico e la realtà, diventano indistinguibili e legati da un coinvolgimento che rende schiavi gli uomini. Io credo che questo libro voglia trasmettere una realtà : l’impossibilità di sfuggire a se stessi. Tutte le azioni, buone o malvagie che commettiamo, prima o poi ci si ritorcono contro e lasciano i segni nella nostra anima, cambiandola. Questo é il messaggio, morale ed esistenziale, rappresentato dalla metafora del ritratto, che Dorian Gray tiene coperto e nascosto agli occhi del mondo, continuando nella sua vita spregiudicata. Alla fine non sopporta più l’immagine del mostro che è diventato e, nonostante al mondo appaia ancora il giovane puro e bellissimo, non riesce più a convivere con la sua anima, che si è sporcata di esperienze riprovevoli.

Giulia Vergani

 

maggio 2018

Autore Luigi Malerba
Titolo Itaca per sempre
Genere Romanzo
Casa editrice Mondadori s.p.a
Data di (prima) pubblicazione Febbraio 1997

“Itaca per sempre” è una rivisitazione moderna degli ultimi libri del poema omerico “Odissea”, dove però, al contrario dell’originale, la presenza divina è completamente omessa.

Ulisse, al suo ritorno ad Itaca, dopo vent’anni lontano da casa è afflitto da numerosi dubbi, che il lettore risolve insieme al protagonista pagina dopo pagina:

Penelope gli sarà rimasta fedele?

Suo figlio Telemaco, lasciato ancora bambino prima della partenza per Troia, riuscirà a riconoscerlo?

Quali nemici hanno turbato gli equilibri dell’Isola?

Interrogativi che si pone anche la moglie, il cui punto di vista, non presente invece nel poema, ci viene presentato parallelamente a quello dell’eroe, attraverso un alternarsi di capitoli, dove i due protagonisti raccontano in prima persona le loro vicende.

Questa è inoltre una delle caratteristiche principali che rendono originale questo libro.

Leggendo, il lettore affronta insieme ai protagonisti temi che risultano molto attuali: la paura del tradimento, della morte, la fedeltà alla patria e al re, la vendetta e le punizioni “amorose”, l’affetto di un padre per la propria famiglia nonostante i lunghi anni trascorsi lontano.

Personalmente crediamo sia un libro che, pur trattando una storia “antica”, può arrivare facilmente alla mente e al cuore dei lettori, anche di quelli più giovani.

Per concludere, consigliamo la lettura a chiunque abbia voglia di addentrarsi nel mondo omerico o a chi desidera riscoprire il Poema sotto una luce diversa, vivendo le avventure dei protagonisti come se le raccontassero gli eroi stessi, con i loro pensieri, paure ed emozioni, con le caratteristiche di uomini e donne comuni, imperfetti così com’è l’essere umano.

Couchond Carlotta, Chiara Nobili 1^C

 

Autore: I. Calvino
Titolo: Il visconte dimezzato
Casa editrice: Mondadori
Anno: 1993

Quando, scorrendo tra gli alti scaffali della biblioteca della scuola, lessi il titolo di questo libro mi incuriosii molto: “il visconte dimezzato” un titolo insolito secondo me, perfetto per un libro stravagante, ma che allo stesso tempo mostra le diverse sfaccettature degli abitanti di Terralba.
In estrema sintesi: l’autore racconta del visconte Medardo di Terralba, analizzando, in una fiaba cadenzata come un balletto, sentimenti, azioni e reazioni dell’uomo di fronte alle situazioni proposte dalla vita stessa.
Durante la guerra tra Austria e Turchia, il giovane visconte, in guerra per la prima volta e quindi ancora inesperto, viene colpito da una palla di cannone turca e diviso quindi in due metà.
Dapprima a Terralba torna solo la metà destra del corpo, che, a causa delle sue molteplici azioni di gratuita malvagità, è chiamato da tutti gli abitanti il Gramo.
Dopo qualche giorno, anche la metà sinistra del corpo di Medardo, che si pensava dispersa nel campo di battaglia, fa ritorno al villaggio: questo visconte, chiamato il Buono, era tanto buono quanto era malvagio il Gramo.
Ma, nonostante la sua bontà, questa metà riuscirà a farsi odiare dai paesani tanto quanto la sua complementare.
Ad un certo punto, entrambe le metà di Medardo si innamorano della pastorella Pamela: così,fissata la data delle nozze, in chiesa si presenta solo il Buono, dato che il Gramo finisce in un fossato.
Giunto in chiesa a nozze concluse, il Gramo sostiene di essere lui l’effettivo marito della fanciulla, e il Buono fa lo stesso, quindi, alcuni giorni dopo si fissa un duello.
Si giunge dunque al duello finale, combattuto dai protagonisti per la novella sposa: inizialmente ciascuna metà sembra colpire sempre la parte a lei corrispondente, lanciando fendenti precisi contro il mantello dell’avversario. Improvvisamente i duellanti si feriscono proprio in corrispondenza della ferita originale.
Infine, mentre i pretendenti sono a terra feriti, al dottor Trelawney, “medico” di corte, viene la brillante idea di medicare insieme il Buono e il Gramo, ottenendo alla fine un visconte unico, un miscuglio di cattiveria e bontà, del resto, come afferma Calvino: “è chiaro che non basta un visconte completo perché diventi completo tutto il mondo”.

Greta Pirovano

 

Autore: G. Deledda
 Titolo: Cenere
Casa editrice: Mondadori
Anno: 2011

Il romanzo, scritto nel 1904 da Grazia Deledda, premio nobel per la letteratura nel 1926. La storia racconta la storia di Aniana, un ragazzo dai pensieri tristi, come la storia della sua vita. Sua madre si chiamava Olí, una piccola donna della Sardegna del primo novecento, che nella vaghezza dei suoi giorni un po’ uguali, incontra un uomo un uomo già sposato del quale si innamora perdutamente. Tra i suoi abbracci e le sue promesse ella si perde e concepisce con lui un figlio. Olì viene cacciata di casa, e con lei il nascituro. Insieme trascorrono qualche anno in una modesta tenuta presso una parente del padre, ma poi Olí nell’angoscia di non poter dare a suo figlio una vita dignitosa, decide di offrigli la possibilità di una vita migliore: a sette anni lo lascia davanti alla casa paterna, con la speranza che cresca con un tenore di vita più agiato. Prima di lasciarlo gli mette al collo un amuleto, la razetta, chiedendogli di non staccarsene mai. Intanto Aniana cresce in salute, studiando legge a Roma. Nonostante ciò continua comunque a tormentarsi sul perché la madre lo abbia abbandonato. Tormentato dalla voglia di sapere, un giorno finalmente la incontra. Non è l’incontro che ha sempre desiderato, in quanto Aniana trova la madre inondata nelle sue disgrazie e, volendola redimere, le impedisce di scappare. Dunque la invita a tornare a casa, ma per Aniana è la fine: perderà la promessa sposa, poiché questa si rifiuterà di accettare la presenza di una suocera disonorata e socialmente impresentabile. Aniana mette fine ai suoi dolori, e tutto si trasforma in cenere, come quella che esce dal ciondolo donatogli dalla madre anni prima.

Autore: A. D’Avenia
Titolo: L’arte di essere fragili. Come Leopardi può salvarti la vita
Casa editrice: Mondadori
Anno: 2016

Sei davvero sicuro che Leopardi sia un pessimista, uno sfortunato, un triste, un depresso? Sei davvero sicuro di conoscerlo bene?

Attraverso un percorso diviso in quattro fasi (adolescenza, maturità, riparazione e morire), Alessandro D’Avenia ti farà capire come in realtà questo poeta è tutt’altro che negativo ma che anzi è in continua ricerca dell’infinito, come scrive Leopardi stesso in una delle sue più importanti opere, L’infinito.

“sempre caro mi fu quest’ermo colle, /e questa siepe, che da tanta parte /de l’ultimo orizzonte il guardo esclude”…“Così tra questa / immensità s’annega il pensier mio: /e’l naufragar m’è dolce in questo mare.”

Grazie a questo libro ho riscoperto la dolcezza della poesia e delle emozioni che essa trasmette, ma soprattutto ho veramente compreso che Giacomo Leopardi non è un pessimista: con il suo continuo tendere all’infinito è rimasto fedele all’immenso sentimento che spinge ogni uomo a scoprire sempre di più e non accontentarsi di quello che conosce già.

Estratto dal libro, capitolo quarto, Morire o l’arte di rinascere:

«La tua opera dice: “io sono quello che non sono”, in questa è la bellezza delle cose fragili, che bramano d’essere ciò che ancora non sono, lottano per compiersi e cercano ciò che le possa far fiorire nella loro piena bellezza».

Leopardi mi ha spinto alla scoperta di nuove emozioni, sentimenti e pensieri grazie alla sua poetica che continua ad incantarmi sempre più.

Di Nardo Rachele 3aa classico

 

aprile 2018

Autore: Riccardo Gazzaniga
Titolo: Non devi dirlo a nessuno
Casa editrice: Einaudi
Anno: 2016

È l’estate del 1989. Luca, adolescente genovese, trascorre l’estate a Lamon, un piccolo centro sulle montagne del Veneto. Una sera, Luca e il fratellino Giorgio si addentrano nel bosco alla ricerca di un tasso, poiché quest’ultimo è fermamente convinto di averne visto uno anni prima. Lì si accorgono che due occhi li stanno fissando. Scappano, convinti di essere seguiti, ma, arrivati alla porta di casa, si voltano e non vedono nessuno.

Da quel momento in poi la loro vacanza prenderà una piega completamente diversa e quando parlano ai genitori dell’accaduto, questi li inducono a pensare che sia stata soltanto la loro immaginazione. Gli adulti, d’altra parte, anche se affettuosi, sembrano spesso distratti e lontani, sia fisicamente sia psicologicamente, dal mondo dei ragazzi. Questo strano incontro dà inizio alla trama di un giallo che sfocerà in un finale colpo di scena.

Come viene raccontato nel libro, ci sono esperienze così legate al profondo che non si devono dire a nessuno. Questa sembra la chiave interpretativa del romanzo, che rivela grande finezza e sensibilità nel cogliere l’animo della prima adolescenza.

Greta Colombo

 

Autore: Khaled Hosseini
Titolo: Mille splendidi soli
Casa editrice: Piemme
Anno: 2007

Non si possono contare le lune che brillano sui suoi tetti, né i mille splendidi soli che si nascondono dietro ai suoi muri.“

Mille splendidi soli di Khaled Hosseini narra della storia di due donne afghane durante l’occupazione dei Talebani. Il dramma, la sofferenza e il dolore vengono espressi con molta efficacia in tutto il romanzo, lasciando però trapelare anche il desiderio di speranza per il futuro di questo paese e la condizione femminile.

Il libro racconta della storia afghana prima e durante l’occupazione dei Talebani e della situazione femminile durante quel periodo. Le donne vengono considerate alle pari di schiave o oggetti contesi da più uomini. Non possono decidere per se stesse, devono obbedire senza pensarci agli uomini, devono indossare veli… non hanno quindi nemmeno un minimo di libertà.

Imparalo adesso e imparalo bene, figlia mia. Come l’ago della bussola segna il nord, così il dito accusatore dell’uomo trova sempre una donna cui dare la colpa.” 

In questo romanzo le donne subiscono atti di violenza dai propri mariti senza aver fatto alcun torto a loro e alla società. Vengono considerate schiave senza diritti. Durante il periodo dell’occupazione talebana non potevano nemmeno più istruirsi ma erano costrette a rimanere in casa a curare i figli sin dalla tenera età.

Quando questa guerra sarà finita, l’Afghanistan avrà forse più bisogno di donne che di uomini. ” 

Questo romanzo è incentrato sulla figura della donna. L’autore mette in luce la sua importanza e tutti i suoi molteplici aspetti positivi.

Consiglio questo libro a tutti coloro che vogliono scoprire qualcosa in più riguardo alla cultura dei paesi medio orientali, alle loro ricchezze e fragilità.

Mezzanotte Arianna 3aa

marzo 2018

Autore: Luigi Malerba

Titolo: Itaca per sempre

Casa editrice: Mondadori

Anno: 2010

Itaca per sempre” è un libro innovativo, introduce un nuovo punto di vista del ritorno di Ulisse in patria. Odisseo, dopo aver viaggiato per dieci anni, riesce finalmente a tornare nella sua amata Itaca. In tutti questi anni di viaggio Ulisse non ha fatto altro che pensare alla sua amata, Penelope, e a suo figlio, Telemaco. Purtroppo però, una volta giunto a casa, le sue “fatiche” non sono finite, deve infatti affrontare i proci, pretendenti della moglie.

Ci sono anche uomini che già nascono per la guerra, Achille, Agamennone, Ettore, Aiace erano eroi di spada e di lancia e Ulisse non era da meno, ricordo che sapeva maneggiare le armi non meno di loro, ma era diverso.

Ulisse era l’uomo degli stratagemmi e a tutti diceva che le prossime guerre non si sarebbero vinte con la forza bruta ma soprattutto con la strategia e con l’astuzia.

Diceva addirittura che ormai era finita l’età della spada e della lancia e che era in arrivo

l’età dei numeri e delle parole.”

Ulisse è un eroe nuovo, che non pensa solo a combattere, ma pensa anche al futuro. È significativa questa descrizione di un nuovo Ulisse che si affaccia al mondo della curiosità, un mondo che pochi hanno la fortuna di esplorare. La sua curiositas è ciò che lo spinge a compiere tutte le incredibili avventure, ma è anche ciò che a volte lo fa errare o lo fa riflettere. La figura di questo eroe è perciò un invito sia alla curiosità sia al ragionamento, ma anche all’astuzia.

Penso che siano state proprio queste caratteristiche che abbiano salvato odisseo dal suo viaggio “tormentato”.

Purtroppo però, quando ormai sembra tutto finito, ed è arrivato ad Itaca, i guai non sono finiti.

…ecco come viene accolto nel suo regno l’eroico Ulisse dopo una guerra sanguinosa e un avventuroso viaggio di ritorno.

Dove sono gli stendardi di festa e i canti di gioia dei suoi sudditi, dove sono le corone di fiori che si offrono ai vincitori quando ritornano in patria?

Dov’è la sua sposa, dove le sue carezze?

Non soltanto il miei occhi ma anche il mio cuore piange sotto questi stracci di mendicante.”

Certamente, l’accoglienza che gli viene riservata non è delle migliori. È costretto a travestirsi da mendicante e a passare inosservato ai suoi cari per evitare di essere ucciso dai proci.

Ulisse vedendo la sua città devastata, inizia ad essere tormentato da certe inquietudini. Penelope lo avrà mai tradito?

Camilla Lissoni

 

Autore: Ken Kesey

Titolo: Qualcuno volò sul nido del cuculo

Casa editrice: BUR

Anno: 1962

Oregon, Stati Uniti.

All’interno di un ospedale psichiatrico sono ricoverati pazienti affetti da diversi disturbi mentali ma anche fisici. I malati sono affidati al controllo di Miss Ratched, nota come la “Grande Infermiera” che ha instaurato una specie di dittatura di cui tutti sono succubi.

I pazienti obbediscono a lei come ad un capo: nessuno osa ribellarsi ai suoi schemi e alla sua organizzazione tranne Randle Patrick McMurphy.

McMurphy è un criminale che, per evitare di scontare la pena in carcere, decide di fingersi pazzo, così che possa essere ricoverato in ospedale. Fin da subito non si mostra disposto a sottostare al volere della “Grande Infermiera” e inizia a ribellarsi al suo regime autoritario. Dapprima, con gli altri pazienti, ne canzona l’aspetto fisico e gli atteggiamenti; successivamente arriva addirittura a scappare dalla struttura e a pescare con i suoi compagni.

È un libro di denuncia non solo contro le “terapie” come l’elettroshock o la somministrazione di droghe ai pazienti ma anche contro il razzismo. Si racconta, infatti, di come questo sia frequente negli Stati Uniti e di come, talvolta, possa essere persino crudele nei confronti delle minoranze. Lascia , però, un messaggio di speranza, di voglia di libertà, di spensieratezza portate nell’ospedale da una persona che è riuscita a volare sul nido del cuculo.

Gaia Berti

 

 

Autore: Massimo Gramellini, Chiara Gamberale

Titolo: Avrò cura di te

Casa editrice: Longanesi

Anno: 2014

É un libro che si basa su un dialogo tra Gioconda, una donna sui trent’anni appena divorziata, e il suo angelo custode Filemone.

Gioconda è ancora perdutamente innamorata dell’ex marito Leonardo, ma con lui non ha funzionato. Gioconda sogna un amore come quello dei suoi nonni, sincero, basato sulla fiducia reciproca, è quindi alla continua ricerca di quella che potrebbe essere la sua persona ideale, ma ha sempre in testa Leonardo. Filemone riuscirà a farle capire cosa vuol dire amare veramente. E Gio imparerà a silenziare gli impulsi e la testa, per ascoltare il cuore.

Amarsi è l’opera d’arte di due architetti dilettanti di nome Io che, sbagliano e correggendosi a vicenda, imparano a realizzare un progetto che prima non esisteva. Noi.

Ecco come Filemone l’angelo custode della protagonista Gioconda definisce l’amore. L’amore non è che un’opera d’arte che affascina chiunque lo sperimenti, è qualcosa che ti riempie, che ti completa. È un cammino attraverso il quale si impara a crescere, a non pensare più solo a se stessi, e soprattutto si impara l’uno dall’altro. È come un viaggio con destinazione un ignoto. Filemone definisce Gioconda e il suo, ormai, ex marito, Leonardo, dei dilettanti. Ci si sente come dei bambini all’inizio, bambini che non sanno dove andare e che strada intraprendere. Ma se si è in due tutto alla fine risulta più semplice e si ha il coraggio di intraprendere quell’oscuro viaggio.

Ho imparato ad accertarti, pur continuando a non rassegnarmi”

In una coppia per prima cosa bisogna imparare ad accettarsi per come si è, una persona ti deve amare per quello che sei veramente. Il titolo, secondo me, riassume tutto “Avrò cura di te”.

non posso impedirti di inciampare. Però posso medicare il tuo piede ferito. E prenderti in braccio, fino a quando non sarai in grado di camminare sulle tue gambe”

È bello sentirsi al sicuro, protetti da qualcuno, sapere che al nostro fianco c’è qualcuno è rassicurante. Gioconda è stata aiutata dal suo angelo custode Filemone, lui le è sempre stato accanto in ogni modo possibile, pur vivendo nel “Chissà Dove”. Filemone ha sempre protetto la sua Gioconda. Le lettere che i due si sono scambiati non erano solo racconti delle loro vite, ma scambi di idee e di opinioni. Filemone l’ha aiutata a capire non solo cosa vuol dire amare un altro ma soprattutto amare se stessi. Bisogna imparare ad apprezzarsi e accettare se stessi prima di avventurarsi nel cammino dell’amore. Secondo me, capire chi si è e cosa si vuole davvero è la cosa più difficile. Ma credo che noi riusciamo a capire noi stessi solamente nel momento in cui entriamo in relazione con qualcun altro.

Camilla Lissoni

 

Autore: Vito Galasso

Titolo: Il romanzo della grande Inter

Casa editrice: Newton Compton

Anno: 2017

l Romanzo della grande Inter di Vito Galasso narra in modo accurato, completo e accattivante la storia della meravigliosa squadra nerazzurra, che non ha mai conosciuto l’onta della retrocessione e che con i numerosi trofei conquistati ha fatto esultare (e talvolta soffrire) i suoi tifosi.

Il libro, edito da Newton Compton, è il frutto di una ricerca effettuata su numerosi testi e negli archivi storici e ricostruisce le diverse tappe della storia della grande Inter, che viene ripercorsa a partire dal giorno della fondazione, avvenuto il 9 marzo 1908 presso il ristorante “L’orologio” di Milano, ad opera di un gruppo di “dissidenti” del Milan.

Lo stile di scrittura gradevole immerge il lettore nel vivo della storia della sorprendente squadra meneghina: il cambio di nome della squadra e successivamente il ritorno a quello originale; la vittoria dei due scudetti di Foni e la prima era Moratti. Si passa poi all’ “avaro” presidente Fraizzoli e al periodo del cosiddetto “re delle mense” Ernesto Pellegrini, quindi allo scudetto dei record. E ancora si legge della seconda era Moratti e del glorioso Triplete. Infine l’addio del presidente Moratti e l’Inter asiatica di oggi.

Il volume descrive le origini, le evoluzioni, gli intrecci; presenta i personaggi principali e quelli secondari, le partite memorabili, il tifo organizzato; illustra i successi strabilianti e le sconfitte più cocenti.

Il Romanzo della grande Inter è una lettura piacevole e leggera, consigliabile non solo ai tifosi della squadra, ma anche a coloro che amano il calcio o che desiderano conoscere a fondo l’avversario, magari per poterlo sconfiggere.

Francesca Tralli

 

Autore: Harper Lee
Titolo: Il buio oltre la siepe
Casa editrice: Feltrinelli
Anno:1960
In una cittadina del “profondo” Sud degli Stati Uniti l’onesto avvocato Atticus Finch è incaricato della difesa di un 
afroamericano accusato di violenza carnale; riuscirà a dimostrarne l’innocenza ma l’uomo sarà ugualmente condannato a 
morte. La vicenda, che si sviluppa nella parte centrale del romanzo, è raccontata attraverso gli occhi di Scout,la 
figlia di Atticus, una bambina intraprendente e perspicace, che scandalizza le signore con un linguaggio non proprio 
ortodosso. Ella  è testimone e protagonista di fatti che nella loro atrocità e violenza non riescono mai a essere più 
grandi di lei. Nel suo raccontare lieve e veloce,ironico e pietoso,rivive il mondo dell’infanzia che è un po’ di tutti 
noi, con i suoi miti, le sue emozioni, le sue scoperte, in pagine di grande rigore stilistico e condotte con bravura 
eccezionale.
Il libro, pubblicato nel 1960, valse all’autrice, Harper Lee, uno strepitoso successo e il premio Pulitzer 1960. 
L’opera è ambientata nello stato americano dell’Alabama,situato nel Sud degli Stati Uniti, durante il periodo della 
grande depressione. La trama del libro è in parte basata sulla vicenda degli Scottsboro Boys, un gruppo di nove 
ragazzi afroamericani accusati ingiustamente di stupro. Nel 2007 è stata conferita alla scrittrice la più alta 
onoreficenza statunitense, la Medaglia presidenziale della Libertà.In occasione del 50esimo anniversario del film 
basato sul libro di Harper Lee, l’allora presidente Obama l’ha omaggiato con queste parole:Cinquant'anni fa uscì un film che conquistò istantaneamente la Nazione. Basato sul romanzo senza tempo di Harper Lee,
‘Il buio oltre la siepe’ diede vita ad una storia indimenticabile di coraggio e convinzione, sul fare quel che è giusto, 
a qualunque prezzo, e ci diede uno dei grandi protagonisti del cinema americano: Atticus Finch, interpretato mirabilmente
da Gregory Peck. Mezzo secolo dopo, la potenza di questo straordinario film permane. Ancora ci dice qualcosa su chi siamo
come popolo e sui valori che condividiamo”. 
(fonte http://www.film.it/news/film/dettaglio/art/obama-introduce-il-buio-oltre-la-siepe-18613/)

Matilde Manfredini
 

Autore: Isabel Allende

Titolo: Paula

Casa editrice: Feltrinelli

Anno: 1994

Il libro è stato scritto dall’autrice Isabel Allende tra il dicembre del 1991 e il dicembre 1992. Paula, nata il 22 ottobre 1963, è una ragazza felice, innamorata di suo marito Ernesto e del suo lavoro. Ha dedicato tutta la sua vita al bene della sua famiglia e degli altri. All’improvviso, all’età di ventotto anni, Paula si ammala di porfiria, una malattia molto grave che la trascina in un coma da cui non si sveglierà più. Isabel, sua madre, decide di scrivere un’autobiografia ricca di sentimenti, dolore e speranza, per evocare la sua famiglia affinchè accompagni Paula nella sua battaglia contro la morte. In questo libro, non viene posto in risalto solo il lato morale e spirituale dell’autrice, ma si lascia posto anche a piccole digressioni di carattere storico che facilitano la comprensione del contesto socio-culturale di cui l’autrice parla.

Marco Del Genio

febbraio 2018

Autore:Carlos Luis Zafòn

Titolo: L’ombra del vento

Casa editrice: Mondadori

Anno: 2001

Daniel è un bambino di 11 anni quando suo padre lo porta nel Cimitero dei Libri Dimenticati e qui trova “L’Ombra del Vento”, un romanzo scritto da Jiulian Carax. L’entusiasmo che il bambino prova nel leggere questo libro lo porta a cercare altre opere di Carax, ma scopre che quasi tutte le sue opere sono state bruciate da un uomo dalle fattezze macabre, che si fa chiamare Lain Coubert,  personaggio che nei suoi libri rappresenta il diavolo in persona. Daniel cresce ma il suo interesse per questo misterioso scrittore non cesserà mai; le sue ricerche si daramano per Barcellona tra incontri piacevoli e angosciosi, tra antiche storie di famiglie distrutte, amori voluti dal destino e amori proibiti. Daniel riuscirà alla fine a trovare la verità e la pace, anche per Carax.

Palmisano Ambra 3^ bb

Autore: Stephen Hawking

Titolo: La teoria del tutto

Casa editrice: Rizzoli

Anno: 2003

In questo libro, viene raccolta la teoria più nota e complicata del grande studioso Hawking. Leggendo il trattato gli interessati arrivano a comprendere le convinzioni di un esperto su temi molto complessi tra cui l’origine e la fine dell’universo. Molto appassionanti soprattutto le teorie riguardanti i buchi neri, fenomeni ancora avvolti da un grande alone di mistero persino per studiosi pluri premiati a cui Stephen Hawking tenta di dare una definizione basandosi anche su studi precedenti alla sua nascita. Nel prologo l’autore stesso avvisa i lettori di non considerare le sue teorie come verità assolute ma anzi come soluzioni ricavate da profondi studi dell’argomento; inoltre nell’affrontare temi come l’origine e il destino dell’universo, egli dice di poter avanzare soltanto supposizioni pressochè prive di fondamento, essendo questo un tema impossibile da elaborare con tesi scientifiche.

“Perchè l’universo esiste? Se trovassimo la risposta a quest’ultima domanda decreteremmo il definitivo trionfo della ragione umana, poichè allora conosceremmo il pensiero stesso di Dio”.

Longoni Elisa 3^bb

Autore: A. Angela

Titolo: Una giornata nell’antica Roma

Casa editrice: Mondadori

Anno: 2016

I Romani sono passati alla storia come un popolo di conquistatori e di combattenti che riuscirono a creare un impero comprendente una vasta sezione del mondo ai tempi conosciuto, dalla Scozia al Kuwait, dal Portogallo all’Armenia, riunendo al suo interno etnie che apparivano quasi non avere nulla in comune; e come scordarsi dei senatori spesso interessati più al proprio guadagno che allo stato?

Ma Roma non era solo questo. Sì, perché è proprio in un giorno qualsiasi dell’Urbe del 115 d.C. che, attraverso questo lettura, veniamo catapultati, per conoscere qualcosa di più sulla vita quotidiana del popolino.

Questo non è un libro riguardante grandi conquistatori, legislatori o oratori, bensì tutti gli abitanti della caput mundi, anche i più comuni.

Ed è così che entriamo nella casa di un ricco romano che si sta svegliando e assistiamo al complesso processo di vestizione ( perché non è proprio cosa da tutti indossare una toga da sei metri e questo è uno dei pochi casi in cui nemmeno la pratica risulta aver effetto), ed ecco una nobile matrona circondata dalle ancelle che sudano “sette stolae” mentre cercano di pettinare la padrona secondo la moda del momento ( all’epoca dettata dalle consorti degli imperatori e Plotina, moglie di Traiano, non era assolutamente una donna priva di ingegno ….) e che brivido ci percorre nello scoprire che il mascara con cui le viene disegnato uno sguardo malizioso è composto da formiche abbrustolite.

Se usciamo per strada, la città è già frenetica, ognuno apre la propria bottega, compie qualche rito scaramantico e aspetta con ansia l’arrivo del pomeriggio, sì perché a Roma non si lavora mica quanto da noi!

Per non parlare poi delle terme, veri paradisi per l’igiene e il relax, con qualche piccolo effetto collaterale o dei grandiosi mercati dell’Urbe dove si può trovare di tutto, addirittura gli schiavi!

E come dimenticare il bon ton a tavola? Certamente non pochi rimarrebbero stupiti, oltre che dalla particolare tipologia di “prelibatezze ” cucinate dai cuochi dei ricchi, anche dalle sonore manifestazioni di gradimento dei commensali, patrizi e plebei…

Non mancano i giochi nel Teatro Flavio, il cui nome è andato colossalmente ad evolversi nel corso dei secoli e nemmeno i numerosi miti riguardo i gladiatori sfuggono a questa introspezione che porta alla luce realtà da lasciare senza fiato, come quella riguardante la celebre frase dei combattenti, resa ancora più famosa da Massimo Decimo Meridio (Russel Crow, Il Gladiatore) .

Ma tutto questo è solo un misero accenno …

Buona lettura e vale!

Francesca Arosio 3^aa

Autore: C. G. Jung

Titolo: Psicologia dei fenomeni occulti

Casa editrice: Newton Compton

Anno: 1971

Nei saggi raccolti in questo volume, Jung indaga la natura dei fenomeni dell’occultismo, la magia e il misticismo con il rigore e la mentalità aperta del grande ricercatore. Lo studio dei fenomeni cosiddetti “paranormali” ha sempre distinto l’autore in questione e le sue opere, tanto da creare un nuovo indirizzo nella ricerca psicoanalitica. Jung descrive diversi casi da lui trattati, mette in evidenza i fenomeni fisici e descrive in alcuni casi ciò che ha visto durante alcune sedute spiritiche cui aveva partecipato, cercando sempre di affrontare i problemi dal punto di vista scientifico ma senza preconcetti.

Libro molto interessante, soprattutto per chi cerca di capire il perché delle cose evitando di dire “è impossibile” solo perché lo dice la scienza o il senso comune.

Longoni Elisa 3^ bb

Autore: Paolo Cognetti

Titolo: Le otto montagne

Casa editrice: Einaudi

Anno: 2016

Sono due amici e una montagna i protagonisti di questa storia.

Due amici molto diversi, ma allo stesso tempo molto simili.

Pietro, nato e cresciuto in città, e Bruno che non conosce altro se non la montagna e le sue tradizioni.

Ed è proprio il sapere delle montagne la cosa più simile ad un’educazione che Pietro abbia mai ricevuto da suo padre, spesso assente. L’amore per la natura è anche ciò che spinge la famiglia di Pietro a cercare una casetta per trascorrere l’estate nel paesino di Grana, ai piedi del monte Rosa.

È qui che conosce Bruno, che diventerà presto il suo compagno di avventure. Purtroppo però anche le amicizie più forti, perché siano tali, devono superare degli ostacoli e quella tra Bruno e Pietro non sarà esclusa.

E la montagna che fa da sfondo alle vicende narrate, per ogni personaggio ha un significato differente.

È la storia di un’amicizia, quindi, ma anche un romanzo di formazione, un lungo percorso alla continua ricerca del proprio posto nel mondo. Imparerà di più chi cercherà di arrivare direttamente sulla vetta della montagna più alta, oppure chi farà il giro delle altre otto?

È un romanzo coinvolgente, adatto a chiunque abbia voglia di immergersi nei bellissimi paesaggi di montagna leggendo una storia un po’ diversa dal solito.

Consiglio questo libro perché tratta temi importanti (il rapporto padre-figlio, l’amicizia, la ricerca di una strada da seguire) che Paolo Cognetti inserisce in un contesto affascinante e misterioso che appassiona fino all’ultima pagina.

Annalisa Mercadante 1°C

novembre 2017

Autore: F. Geda

Titolo: Anime scalze

Casa editrice: Einaudi

Anno: 2017

Si può diventare grandi e trovare il proprio posto nel mondo anche quando sembra che la vita sia troppo difficile, che i problemi siano troppo grandi e che tutto faccia temere che la storia finirà male.

E invece Ercole ce la fa. Malgrado due genitori assenti e instabili, una madre che se n’è andata e un padre che è come se non ci fosse.

La forza di questo ragazzino di quindici anni sono il coraggio, la voglia di mettersi in gioco e di non arrendersi. C’è poi una sorella maggiore che adulta lo è diventata già, suo malgrado; un fratellino che Ercole non sa di avere perché fratello lo è solo in parte; una straordinaria ragazza con i capelli rossi …

Geda racconta con leggerezza una storia di resistenza ( oggi va di moda chiamarla resilienza, e il termine è adatto), il percorso di un ragazzo straniero delle regole del mondo (“Il Foglio”), il quale però non ci sta a partire sconfitto.

E’ lui stesso a raccontare a posteriori , con un’ironia che stempera il dramma e la disarmante tenerezza di un ragazzo la cui anima può solo camminare senza scarpe….

Marisa Alloisio

 

Autore: Michela Marzano

Titolo: L’amore che mi resta

Casa editrice: Einaudi

Anno: 2017

Temi duri, difficili, dolorosi quelli che Michela Marzano affronta nel suo romanzo: un figlio, anzi una figlia, che muore suicida a ventisei anni. Lascia solo un biglietto, al fratello: Di’ a mamma che lei è perfetta. Ma non basta: Giada è una figlia adottiva, desideratissima e amata. Perchè si è uccisa? Perchè? Daria precipita in un dolore intollerabile, in un pozzo doloroso di domande e ricordi. Quando non ha capito? Perchè non ha saputo vedere che quella figlia intelligente, sensibilissima, bella, aveva dentro un vuoto, una domanda senza risposta? La Marzano indaga e scandaglia questa disperazione, segue il suo personaggio nella faticosa risalita dall’abisso. Analizza impietosa il rapporto di questa madre con il proprio essere figlia, il bisogno di maternità, la rabbia, il senso di colpa che vieta di rinascere, di vivere ancora. Tecnicamente diremmo che analizza il difficile processo con cui si rielabora un lutto, e dei più tremendi. Al tempo stesso viene affrontato a più livelli il tema dell’adozione, in particolare il vuoto dell’abbandono che si imprime nella storia di chi viene adottato e ha subito, magari piccolissimo e del tutto inconsapevole, ma ha indelebilmente subito il taglio delle proprie radici. Con coraggio e verità l’autrice racconta una storia che parla in fondo di tutti noi e del nostro bisogno più grande e vitale: il bisogno di essere amati.

Marisa Alloisio

 

novembre 2016

Autore: T. Hayden
Titolo: Una bambina
Casa editrice: Tea
Anno: 2006

Torey non è una semplice maestra americana che insegna a una normale scolaresca, ma insegna in una classe speciale formata da 8 bambini molto difficili con squilibri mentali, problemi familiari o con forme d’autismo. 

Un giorno di gennaio viene inserita nella classe Sheila, una bambina di sei anni selvaggia e ostile, che nonostante sia cresciuta tra le violenze del padre e l’abbandono della madre non manifesta il suo dolore, mostrandosi agli altri forte e non permettendo loro di capire ciò che prova. Torey ha già sentito parlare di questo piccolo “demonio” dai giornali: aveva rapito un bimbo del vicinato e dopo averlo legato a un albero gli aveva dato fuoco. Dopo questo atto sarebbe stata mandata all’ospedale psichiatrico infantile, ma, non essendoci più posto, Sheila viene affidata alla “classe speciale” di Torey. Durante l’anno scolastico, nonostante alcuni primi episodi vandalici e distruttivi, Torey riesce poco alla volta a calmarla e a conoscerla, riuscendo ad entrare nella sua sfera emotiva ostacolata da uno scudo di silenzio e di dolore e scoprendone la straordinaria intelligenza. Alla fine dell’anno troviamo una Sheila cambiata: ma come?

Consigliamo questo libro perché riesce a far aprire gli occhi su un mondo di violenza e di povertà. Ci hanno colpito la forza della bambina, che, nonostante non piangesse mai, aveva il bisogno di esternare tutto il dolore che provava, e la forza di Torey, una forza diversa da quella di Sheila, una capacità che secondo noi viene approfondita da pochi: quella di affrontare tutto e di conoscere fino in fondo il mondo. E ci hanno colpito le storie dure e commoventi degli altri bambini della “classe-pattumiera”: Guillermo, Peter, Max… Per questo motivo lo consigliamo a voi tutti che state leggendo questa recensione, anche per sensibilizzare alla considerazione e al rispetto nel confronto degli altri, che spesso mancano.

CATAMO VERONICA e ALESSANDRA VERLATO (1^B)

Autore: Steven Galloway
Titolo: Il violoncellista di Sarajevo
Casa editrice: Mondadori
Anno: 2008

Lettori del Majorana! Mi rivolgo a voi! Io sono “il violoncellista di Sarajevo”, sono un libro molto interessante e, se mi adotterete, potrò raccontarvi le vicende di tre personaggi durante l’assedio di Sarajevo, capitale della Bosnia-Erzegovina, avvenuto dal 1992 al 1995. Ad unire queste vicende c’è lui, il violoncellista, che per 22 giorni ha suonato sulle macerie della Biblioteca della città l’Adagio di Albinoni in memoria di ciascuna delle vittime di un bombardamento serbo su un mercato popolare. Non temete, non sono un libro di scuola: vi condurrò al centro della città assediata, al centro della guerra; avrò tutte le vostre emozioni in pugno e avrete sempre più voglia di continuare a sfogliarmi, anche se i vostri genitori vi urleranno di spegnere la luce e dormire ….

Alcuni capitoli vi faranno sudare freddo, altri odiare e altri ancora piangere. Sentirete l’Adagio di Albinoni entrarvi sottopelle anche se nella realtà magari non lo conoscete. Vi immedesimerete via via in Freccia, la ragazza-cecchino; in Kenan e nella sua odissea quotidiana per andare a prendere l’acqua; e in Dragan, che deve attraversare la città per raggiungere il posto di lavoro. Tre semplici persone che con i loro quotidiani atti eroici vi faranno commuovere e riflettere facendovi crescere dall’interno un grido che invoca la Libertà. Già, dimenticavo, piccolo spoiler: il capitolo più significativo è l’ultimo …. ma per arrivare all’ultimo bisogna prima leggere gli altri!

De Giorgio Maria Cristina

ottobre 2016

Autore: Federico Militello, Salvatore Napolitano
Titolo: Cantami Italia
Casa editrice: Bolognese editore
Anno: 2015

«Avrebbero forse attraversato i secoli le peripezie di Achille e Odisseo, se a raccontarle non fosse stato il magnifico Omero?»: solo chi è veramente innamorato del mondo classico può posare uno sguardo di questo tipo sulle imprese sportive di atleti dei nostri tempi. E se a farlo è un ex-studente di liceo scientifico, allora vuol dire che i veri valori che rendono grande l’uomo non hanno limiti di spazio né di tempo. D’altra parte, scrivere è il gesto che dona immortalità a chi lo compie con passione e amore, proprio come con semplicità e profonda comprensione dello spirito di Olimpia hanno fatto gli autori di quel piccolo scrigno di delicati camei che è Cantami Italia, una lettura originale e singolare del mondo dello sport, che con i suoi protagonisti, è da sempre palestra di vita.

Si leggono proprio con immenso piacere le snelle e avvincenti paginette di questo “libretto”, che ci fa sfilare davanti agli occhi l’avventura di uomini come noi, che hanno scelto di dedicare la loro vita a fare del loro corpo uno strumento capace di compiere incredibili azioni e compiere imprese memorabili, che da sempre fanno sognare tutti quelli che ne condividono le emozioni e le accompagnano con entusiasmo.

Ecco allora, per citarne qualcuno, il Pirata con la sua bandana “zampettare sui pedali”, o ancora Tania Cagnotto, resa vincente dalle sconfitte “come il divino Achille” e in attesa del “respons” delle Sibille, e poi il meraviglioso ritratto di Vanessa Ferrari “elegante farfalla” che mostra come “l’amore divino trasforma la ricerca in arte e l’ansia umana in bellezza”…

E il tutto si conclude con quell’immagine della nostra Italia, in una perfetta Ringkomposition con il titolo stesso dell’opera, che

Orgogliosa e indomita, insaziabile

Insegui la corona di Cesare”.

E a chi avesse ancora qualche dubbio sull’utilità dello studio della cultura classica, la conferma che quest’ultima “non serve” a nessuno, appunto nel senso latino del verbo: “servire”, essere schiavo, essere sottomesso. Questo è il messaggio che la “voce” dei due autori di questo libro fa risuonare tra le righe: solo l’amore e la passione per quello che si fa permettono di far divenire realtà il sogno della vita, vincendo – come ha saputo fare Carolina Kostner – le Parche.

Grazie, per questa “lezione all’umanità che cieca ha scelto la violenza”: che davvero le vostre parole non siano “cenere sigillata in un’urna”.

Alessandra Silva

maggio 2016

Autore: Jean Christophe Rufin
Titolo: Chek-point
Casa editrice: e/o
Anno: 2015

Scritto nel 2015 all’indomani degli attentati di Parigi, successo immediato in Francia, tradotto in Italia da Alberto Bracci Testasecca, Check-point è un romanzo di avventura ambientato negli anni 90, all’epoca della guerra in Yugoslavia. Jean-Christophe Rufin, fondatore di Medici senza Frontiere e accademico di Francia, attuale ambasciatore in Senegal, in un’intervista ha confessato che per lui la guerra che ha devastato la ex Yugoslavia ha costituito una sorta di ‘prova generale’ degli eventi che hanno colpito il cuore dell’Europa. Con questo romanzo Rufin partecipa al dibattito sulla reale utilità degli aiuti umanitari e delle ONG, e lo fa mettendo a nudo le contraddizioni insite nel sistema degli aiuti, ma non in maniera astratta, bensì dando loro il volto e le parole dei cinque protagonisti, Maud, Lionel, Vauthier, Marc ed Alex. Obiettivo del loro viaggio attraverso l’Europa è la città di Kakanj ed il ponte sulla Drina, descritto già da Ivo Andrić nel suo romanzo – intitolato proprio Il ponte sulla Drina – apparso a pochi mesi dalla fine della seconda guerra mondiale. E come quel ponte rappresenta un confine simbolico tra oriente ed occidente, così Check-point è il “simbolo del passaggio da un universo all’altro, da un insieme di valori al suo contrario” e pone con rara schiettezza una domanda attualissima e cruciale: di fronte all’emergenza umanitaria di popoli perseguitati, “bisogna loro portare viveri o aiutarli a battersi”?

C.V.

Autore Sciascia Leonardo
Titolo Una storia semplice
Casa editrice Adelphi
Anno 1989

 

Si tratta di un breve racconto scritto da Leonardo Sciascia nel 1989 e pubblicato da Adelphi.

Vi leggiamo una testimonianza delle vicende quotidiane della Sicilia della seconda metà del ‘900  con uno sfondo caratterizzato dalla mafia: una storia “semplice”, di ordinaria amministrazione.

Il racconto inizia in medias  res con una telefonata all’ufficio di polizia da parte di un ambasciatore che trova qualcosa di sospetto nella sua abitazione. Inizia la vicenda principale con un susseguirsi di indizi e indagini riguardo ad un presunto suicidio. A poco a poco vengono   introdotti  una serie di personaggi, tutti coinvolti  nel mistero, che contribuiranno allo sviluppo dell’indagine.

Un romanzo giallo, quindi, di piccole dimensioni, ma ricco di misteri e intriganti indizi che da subito catapultano il lettore in succedersi di colpi di scena che mantengono viva la curiosità.

Una storia molto coinvolgente che trascina in un clima di suspense.

INAS ELKOUCH, LUIS DIEGO DURANTE

aprile 2016

Autore  Dave Eggers
 Titolo  I   vostri  padri, dove sono? E i profeti, vivono forse per sempre?
 Casa   editrice Mondadori
 Anno  2015

 

Dave Eggers e’ uno scrittore statunitense della penultima generazione, classe 1970, eclettico, audace, dirompente per i temi proposti e per le tecniche narrative utilizzate. Ho seguito con curiosità e attenzione il suo percorso narrativo, da L’opera struggente di un formidabile genio, opera prima fortemente autobiografica,  a  Conoscerete la nostra velocità,  racconto vorticoso di un viaggio verso il recupero del proprio passato, a Il cerchio, romanzo a tesi sulla forza invasiva e annichilente dei nuovi social e dei poteri economici ad essi connessi. Ed  ora mi ha colpito, tra le copertine in libreria, anche quest’ultimo libro, particolarissimo,  strutturato come puro dialogo, che presenta la storia di un uomo che cerca  risposte importanti per la  sua individualità e per la sua generazione, ma che lo fa in un modo decisamente poco ortodosso: rapendo delle persone e interrogandole. Attraverso questi dialoghi ricostruisce la sua vita e quella dell’America degli ultimi decenni, caratterizzati da incongruenze e contraddizioni irrisolte. L’ho letto tutto d’un fiato, desiderosa  che qualcuno rispondesse agli interrogativi di Thomas. Il finale, anche se non completamente inaspettato, non mi ha deluso.

La tecnica della focalizzazione rigorosamente esterna, del dialogo serrato senza il minimo elemento descrittivo o narrativo, è una scelta audace, estrema, ma efficace, volta a rendere l’assoluta drammaticità della situazione proposta e  il disperato bisogno del protagonista che stabilisce un rapporto diretto con chi legge, fino alla fine.

S.Z.

febbraio 2016

Autore: Malala Yousafzai e Christina Lamb
Titolo: Io sono Malala
Casa editrice: Garzanti
Anno: 2013

“Io sono Malala” è un libro di denuncia, ma soprattutto una storia di speranza, poiché la scrittrice Malala Yousafzai con la sua verità sta segnando il mondo intero infondendo speranza. Il libro racconta una storia vera, ci parla del coraggio e della forza di una donna che ispira con il suo desiderio di tolleranza e la voglia di vedere la realizzazione dei diritti. La vicenda è ambientata in Pakistan nel 2012: Malala un giorno si trova con le sue compagne di scuola sul bus che porta a casa quando improvvisamente sale un uomo che le spara. Una bambina di 15 anni innocente è in fin di vita poiché secondo i talebani è colpevole di voler studiare. Malala miracolosamente si salva: dopo numerose operazioni e rischio di una paralisi al viso, ne esce ancora più forte e determinata. Malala ad oggi è la più giovane candidata al Premio Nobel per la pace. La protagonista di “Io sono Malala” ci insegna che ci sono donne capaci di cambiare il mondo con i loro piccoli grandi gesti rivoluzionari e che, anche se non riescono del tutto nel loro intento, mostrano la necessità di fare qualcosa contro l’oppressione, perché cambiare è possibile. Dopo essere diventata la voce contro il regime dei talebani pakistani attraverso un blog molto seguito e dopo il tragico attentato a cui è sopravvissuta, nel 2014 ha ricevuto il Premio Nobel per la pace per la lotta a favore dell’istruzione femminile. Ad oggi Malala è una ragazzina pakistana di 16 anni, innamorata del suo paese. Vive a Birmingham con la famiglia, la città che l’ha accolta quando aveva più bisogno d’aiuto, quando i talebani, incapaci di frenare questo suo entusiasmo e la sua lotta per l’istruzione delle donne, cercarono di eliminarla con un attentato. Complice anche la sua cultura, che le ha insegnato da sempre a dare agli altri più che a se stessa. Il giorno del suo sedicesimo compleanno Malala parlava davanti a 300 persone, durante l’assemblea delle Nazioni Unite, per chiedere ai leader del Mondo di dare un’istruzione gratuita a tutti i bambini. “Prendiamo in mano i nostri libri e le nostre penne, sono le nostre armi più potenti. Un bambino, un insegnante, un libro e una penna possono cambiare il Mondo.”

Sofia Jabeen & Alissa Rusan

gennaio 2016

Autore: R. Radiguet
Titolo: Il diavolo in corpo
Casa editrice: Feltrinelli
Anno: 1923 (1° edizione)
Dodici anni: l’età che permette a François di evitare la guerra, ma anche l’età in cui egli scriverà la sua prima lettera d’amore.
A partire dal ricordo del superficiale innamoramento per Carmen e di quella prima lettera, il narratore ci conduce per mano in un percorso di contraddizioni e sfide con se stesso fino all’esperienza amorosa che segnerà a fondo la sua giovinezza. Affascinato, attratto e perso per Marthe, François inizia a spendere i suoi giorni e tutti i suoi pensieri per la bella diciottenne, ahimè, già fidanzata con Giacomo, un giovane e onesto ragazzo arruolato nell’esercito.
L’amore e il coinvolgimento per Marthe si rivelano fin da subito in un’esplosione fortissima, mentre vicino alla Marna si sentono ancora i rimbombi dei cannoni del secondo conflitto mondiale. Ed è proprio il proseguire della guerra che permetterà anche a Marthe di legarsi a François in un contatto via via sempre più stretto, intimo e segreto. I due giovani, complici amanti, si frequentano quotidianamente e cercano di nascondere al meglio la loro relazione davanti agli occhi dei sospettosi vicini di casa e dei genitori. Insieme sceglieranno anche i mobili per la futura casa di Marthe e del suo futuro sposo, scriveranno le risposte alle lettere di Giacomo dal fronte e condivideranno quello che sarebbe dovuto essere il letto nuziale. Intanto François è frequentemente tormentato dal pensiero fisso che prima o poi la guerra finirà e che quindi Giacomo tornerà tra le braccia della futura moglie. Probabilmente, proprio a causa di questi pensieri, il giovane amante innamorato è sempre più nervoso e quasi smanioso e morboso nel rapporto con la sua amata.
Come si evolverà, quindi, questa relazione fatta di speranze, fiducia e passione, ma anche piena di ingenuità e paure?
Pagina dopo pagina, mese dopo mese, Raymond Radiguet stende una trama solo apparentemente autobiografica e semplice che sarà in grado di coinvolgervi e di lasciarvi stupiti di fronte all’evoluzione sconvolgente degli eventi e davanti ai rischi che Marthe e François dovranno affrontare insieme e anche da soli.
Annachiara Burgio

 

Autore: M. Clark
Titolo: I paradossi dalla A alla Z
Casa editrice: Cortina
Anno: 2011

Una grande raccolta di paradossi, da quelli più antichi a quelli più moderni. Clark si dimostra fedele a una linea di analisi speculativa, non dogmatica, che ricerca i più piccoli particolari e le più puntigliose sfumature linguistiche per cercare una soluzione plausibile a ognuno di questi numerosi paradossi, lasciando tuttavia al lettore lo spazio per riflessione e ragionamento. Un libro scorrevole, non necessariamente da leggere dall’inizio alla fine, utile per chi non ha paura di “picchiare la testa” per affinare le proprie capacità di ragionamento.
I. Polloni

dicembre 2015

Autore: Pietro Barcellona
Titolo: La sfida della modernità
Casa editrice: La Scuola
Anno: 2014

Pietro Barcellona (1936-2013) è una delle più originali figure intellettuali della contemporaneità: filosofo, poeta, artista, commentatore politico, docente universitario. In questo lungo e articolato dialogo con Giuseppe Mari analizza con spirito innovativo, rigore critico, ma anche attraverso ricordi ed esperienze personali, i processi sociali, psicologici e morali in atto nell’età globale: la modernità. Ne nasce una riflessione ampia e interessantissima sulle grandi questioni che caratterizzano l’epoca attuale: innanzitutto l’omologazione che tende a distruggere la singolarità, l’immanentizzazione del processo vitale e il prevalere distruttivo della tecnica; infatti, dice Barcellona, la tecnica distrugge tutto…….perché tutto riconduce ad un paradigma unico nel quale lo strumento diventa il vero fine dell’agire umano. Poi il discorso si allarga alla scuola, all’educazione, al cristianesimo, all’Europa. L’analisi, se pur lucida e fortemente critica, non si conclude amaramente, ma con un auspicio: la sfida a non adeguarsi alla modernità che ha prevalso – e che oggi appare in crisi – ….ricordandosi di quella modernità che ha resistito e che continua a non farsi omologare.

novembre 2015

Autore: Roberto Carnero
Titolo: Morire per le idee
Casa editrice: Bompiani
Anno: 2010

Per il lettore che desideri avvicinarsi a Pasolini in maniera informata, e orientarsi nel multiforme universo della sua opera , questo agile saggio di R. Carnero costituisce una guida ideale.
L’opera di Pasolini è, infatti, un sistema “totale”complesso e mobile, in cui i diversi generi
( poesia, romanzo, saggio, articolo giornalistico, cinema) si intersecano e si richiamano.
L’autore, che è docente di Letteratura all’Università di Milano,offre una guida alla lettura, in cui adotta un doppio criterio: tematico e cronologico-biografico, per soffermarsi particolarmente sulle opere maggiormente significative in relazione all’argomento trattato.
Ciascuna opera di Pasolini, dunque, è contestualizzata nella vicenda biografica dell’autore: dalla vocazione poetica all’omosessualità, dal tormentato rapporto con il Comunismo a quello altrettanto complesso con il Cristianesimo. E poi la scoperta del cinema negli anni ’60 e la militanza giornalistica negli anni del terrorismo.
Il saggio si conclude con un capitolo dedicato alla misteriosa morte di Pasolini il 2 Novembre 1975 e alle successive, controverse, vicende giudiziarie.

ottobre 2015

Autore: A. D’Avenia

Titolo: Ciò che inferno non è

Casa editrice: Mondadori

Anno: 2014

Una storia vera, la missione di Padre Pino Puglisi nel quartiere più abbandonato di Palermo, il Brancaccio, e la sua uccisione il 15 settembre 1993 da parte della mafia, viene raccontata attraverso il punto di vista fremente di un diciassettenne che si trova a condividere gli ultimi mesi di vita del suo professore di religione, preferendo a un corso di inglese ad Oxford il rapporto con questo prete così appassionato e con le persone a lui legate. D’Avenia si rivolge a tutti gli adolescenti che hanno bisogno di trovare un significato per la propria vita, ma soprattutto parla di sé, perché dietro a quel diciassettenne, Federico, c’è lui, con il suo amore per le parole e la sua sensibilità scoperta. E’ un libro coinvolgente, ben scritto in una prosa ricca e metaforica, ma soprattutto, malgrado l’argomento e l’indagine sociale proposti, straordinariamente positivo e pieno di speranza: l’inferno non è il Brancaccio, ma l’incapacità di amare e l’amore è contagioso, non esclude nessuno.